Mark Maloney, 37 anni, assicuratore, ha salvato da morte per annegamento un bambino di quattro anni, caduto nel Tamigi. Il piccolo era andato con la madre e i due fratelli a visitare il Golden Hinde, una riproduzione in scala 1:1 del vascello di Sir Drake. Il ragazzino, probabilmente volendosi appoggiare alla ringhiera di sicurezza è invece passato attraverso una delle inferriate cadendo in acqua.

Le parole del soccorritore-eroe

Maloney ha dichiarato all'Evening Standards di essere riuscito in questo atto eroico grazie al suo allenamento per Ironman, una variante del Triathlon che prevede, in unica sessione, quasi 4 km a nuoto, 180 in bicicletta e 42 e rotti di corsa.

"Ho agito d'istinto, senza pensare. Ho fatto un sacco di triathlons, tante nuotate in mare aperto, così ho pensato di poter essere d'aiuto. In acqua stavo per essere preso dal panico perchè non riuscivo a vederlo [il bambino]. Ho urlato ai miei colleghi 'Dov'è?' e la sua testa in quel momento emerse tra i flutti. Stava per andare sotto e pensai che non ce l'avrebbe più fatta a tornare su così, in qualche modo, riuscii ad afferrarlo.

Per rassicurarlo gli parlai, gli chiesi il suo nome e gli dissi che ce l'avremmo fatta, che non mancava molto alla riva. Era in completo stato di shock ma riuscì comunque a dirmi il suo nome. La corrente era davvero forte. Ho nuotato tanto in mare aperto per la competizione di Ironman questa estate ma ho davvero faticato perchè restassimo a galla.

La madre era in stato di shock, riusciva a malapena a parlare. Quando realizzò che suo figlio era in salvo cercò di ringraziarmi ma senza riuscire a dire una parola. E' stato bellissimo vedere il bambino fuori dall'acqua, che stava bene, un senso di sollievo che non ho mai provato prima nel vederlo salvo, tra le braccia della sua famiglia, una settimana prima di Natale."

Gli eroi e lo sport

C'è sempre stato qualcosa, un fil rouge che lega il coraggio, fisico e intellettuale, al mondo dello sport, inteso nel senso più puro di competizione limpida ed equilibrata, capace di forgiare mente e corpo.

L'esempio più noto è quello di Cassius Clay, diventato poi Muhammad Alì, che per coerenza intellettuale ha rinunciato al titolo di campione del mondo e affrontato quattro anni di esilio dal ring. E perché non ricordare anche Dorando Pietri, arrivato stremato al traguardo, scalzo, sorretto dai giudici di gara, definito dalla regina come colui "che vinse e perse" allo stesso tempo, la maratona di Londra. Forse più il mondo dello sport di ieri piuttosto che quello di oggi è affollato di questi personaggi, come Obdulio Varela, eroe uruguagio del centrocampo negli anni '50, che per spregio ai giornalisti si faceva ritrarre di spalle nelle foto di squadra. Jesse Owens, l'atleta di colore che umiliò gli ariani del Reich, i "superuomini" di Hitler, alle Olimpiadi di Berlino del '36.

Trentadue anni dopo, ad un'altra Olimpiade, in Mexico, due atleti afroamericani alzeranno un pugno guantato di nero verso il cielo, durante l'inno nazionale, come protesta per i diritti civili calpestati. E ci sono anche eroi della vita di tutti i giorni come Alex Zanardi, che pure avendo perduto entrambe le gambe è riuscito a rialzarsi in piedi.