Sono passati 11 giorni dalla presentazione delle credenziali dell'ambasciatore Giuseppe Perrone a Tripoli presso il governo di unità nazionale libico, sotto la guida di Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj: prima sede diplomatica di un paese occidentale nel nuovo e accidentato corso politico della Libia. Pochi giorni e già l'ambasciata italiana è oggetto di un attentato, andato a vuoto, senza danni all'edificio e al personale diplomatico, grazie all'intervento delle forze di sicurezza.

Un'autobomba da fare esplodere

La dinamica dei fatti rivela lo stato di approssimazione e caos della situazione in loco. L'azione si svolgeva in serata e secondo quanto riportato dall'agenzia Ansa un uomo tentava di parcheggiare la sua auto carica di esplosivo nei pressi dell'ambasciata, ma veniva sorpreso dal personale di sicurezza che lo metteva in fuga. L'uomo, deciso a portare a termine il suo incarico, si fermava poco distante facendosi esplodere dentro l'autoveicolo davanti al ministero della pianificazione. Dentro i resti carbonizzati del mezzo la Mezzaluna Rossa ha recuperato due corpi che al momento non sono stati identificati.

Dopo l'incidente le autorità libiche hanno rafforzato i dispositivi di sicurezza attorno all'edificio.

I due governi libici

La scelta di riaprire la sede diplomatica italiana era stata avvertita come una provocazione da parte dell'altro governo libico che ha sede a Tobruk, ostile ad al-Sarrāj, definendola una "nuova occupazione" italiana, dopo quella, in epoca ben diversa, del regime fascista di Mussolini. Tra l'altro proprio nei giorni scorsi a Tripoli si è verificato un tentativo di colpo di stato da parte di un gruppo islamista legato Khalifa Ghwell, l'ex premier del dissolto governo di salvezza nazionale.

I paesi confinanti chiedono unità

Al Cairo si è conclusa la riunione di Egitto, Tunisia, Algeria, Sudan, Niger e Ciad, cioè i paesi confinanti con la Libia che hanno preso una posizione comune e ben chiara rispetto alle vicende di questo paese martoriato.

In breve si chiede a tutte le parti in causa di trovare un dialogo che porti ad un governo di unità nazionale, che rappresenti tutti gli attuali poteri politici e quindi tenga conto della fazione con sede a Tobruk del generale Haftar.