Dopo un suicidio, parte un’inchiesta per omicidio colposo da parte della procura della Repubblica di Bologna. L’indagine è stata chiesta e ottenuta dai famigliari della vittima, un 39enne di origine senegalese Oumar Ly Cheiko messo in manette per maltrattamenti alla compagna di nazionalità italiana. L’uomo prima si è prima lacerato la maglietta che portava annodandola alle sbarre della cella di sicurezza della Questura e poi se l’è legata al collo togliendosi la vita.

Tuttavia, doveva esserci qualcuno a sorvegliarlo, almeno un piantone. Di conseguenza, al momento è nata un’inchiesta per tentare di capire dove si trovassero in quel momento i due agenti di polizia addetti quella sera alla sorveglianza dei detenuti. Anche la famiglia del senegalese potrà nominare un consulente per capire cosa sia realmente accaduto.

Il 39enne maltrattava la compagna davanti al figlio di tre anni

Ma ricapitoliamo la vicenda. Il 39enne del Senegal, già conosciuto da tempo dalle forze dell’ordine per le botte che infieriva alla compagna per di più davanti a un figlio piccolo di tre anni che resterà per lungo tempo traumatizzato da questi continui maltrattamenti senza contare che non ha più il padre naturale, è stato arrestato per maltrattamenti alla compagna e per resistenza a pubblico ufficiale.

Infatti quando gli agenti di polizia sono arrivati nell’appartamento in zona San Vitale chiamati dalla donna, si sono trovati davanti all’uomo con in mano un grande coltello da cucina, reso furioso probabilmente dai fumi dell’alcol, e hanno dovuto impegnarsi parecchio per riuscire a fermarlo e portarlo in Questura.

Per il consiglio della camera penale si poteva evitare la tragedia

Una volta arrivati lì, il senegalese è stato messo in una cella di sicurezza mentre la compagna sporgeva la denuncia contro di lui. Come ha fatto a strapparsi la maglietta e a compiere l’insano gesto senza che nessuno se ne accorgesse? Dove erano i poliziotti addetti al controllo? Le domande sono state messe nero su bianco dal consiglio direttivo della camera penale di Bologna che si dice davvero indignato da come è finita la vicenda.

Ad avviso del consiglio, si tratta di una tragedia che si sarebbe potuta evitare abbastanza facilmente con un minimo di risorse spese in più per la sicurezza. Infatti, i locali da vigilare in Questura sono quattro, ma gli agenti sono solamente due e spesso impegnati con i detenuti. Per di più, pare che il sistema di videocamere di sorveglianza si blocchi troppo spesso. Insomma, bisogna intervenire al più presto e al meglio affinché non si verifichi un altro suicidio in cella.