L'iniziale entusiasmo per l'impegno del governo contro le bollette di 28 giorni sembra spegnersi in queste ore. Con l'emendamento al decreto fisco della legge di bilancio 2018, l'esecutivo si era infatti impegnato a rendere illegale la pratica delle fatture di 4 settimane. La battaglia contro i gestori della Telefonia fissa, fibra e adsl, sembrava vinta. Tuttavia il risvolto che sta prendendo la questione sembra non essere affatto positivo per il consumatore finale, che oltre all'inganno rischia di ritrovarsi anche con la beffa.

Si teme infatti che gli abbonati che sino ad oggi hanno pagato 13 mesi non avranno rimborsi. Inoltre, se i gestori daranno seguito all'intenzione di aumentare le tariffe, alla fine il consumatore si ritroverà a pagare ancora di più di quello che ha pagato sinora. Com'è possibile? Cerchiamo di capirlo.

Primo punto: i rimborsi non sono retroattivi

Nella precedente mozione proposta dall'onorevole Moroni, si faceva riferimento alla possibilità, per i consumatori, di ricevere automaticamente, qualora fosse passata la legge, i rimborsi per ogni mese in più pagato oltre i 12 annuali. Nell'attuale emendamento invece, ed è lo stesso ministro dell'economia Calenda a confermarlo, l'automaticità dei rimborsi non è prevista.

Il ministro spiega che le sanzioni e i rimborsi da parte dei gestori sono di competenza del garante delle telecomunicazioni. L'Agcom ha sempre spinto in tale direzione, ma poiché i gestori non riconoscono l'autorità del garante, la questione rischia di arenarsi tra ricorsi e contestazioni.

Secondo punto: meno bollette ma più salate

Ed ecco la nota dolente. Il ragionamento è molto chiaro: i gestori, se obbligati per legge a tornare alla fatturazione di 12 mesi pieni, aumenteranno le tariffe, riprendendosi con gli interessi quello che viene loro tolto. Come funziona? Lo spiega, dalle pagine de "Il Fatto Quotidiano" Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento Consumatori. Secondo Mostaccio si è di fronte al flop della liberalizzazione della telefonia, che ha creato una vera e propria giungla.

La conseguenza di questa situazione paradossale nasce anche dalla prossima asta 5G, alla quale i gestori puntano. Così, afferma Mostaccio, gli operatori possono ricorrere a pratiche scorrette perché, per vincere l'asta in questione, hanno bisogno di racimolare denaro, e lo fanno trattenendosi da un lato i ricavi delle fatture di 28 giorni, e dall'altro aumentando i prezzi sulle prossime fatture.

In arrivo una class action?

È quanto ventilato da Codacons, Adusbef e Movimento Consumatori. Le associazioni a tutela dei cittadini hanno già agito tramite esposti, ed ora si dicono intenzionate a presentare un'azione collettiva, appunto una class action, contro i gestori. Nel frattempo anche il Movimento 5 stelle presenterà un emendamento. Unico appiglio alla questione dei rimborsi potrebbe venire dall'emendamento Esposito, ad oggi l'unico inserito nel decreto fisco, che prevede almeno un indennizzo simbolico di 50 euro per i consumatori. Indennizzo però che non è affatto certo. Seguiremo la vicenda.

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