La scuola elementare dedicata ad Anna Frank, in strada della Pozzetta a Santa Maria delle Fabbrecce, un quartiere di Pesaro, è stata bersaglio durante la giornata di ieri di imbrattamenti da parte di ignoti, contro i quali il sindaco Ricci è deciso a fare chiarezza. Compaiono nelle vicinanze della scuola anche altre scritte inneggianti alla guerra come “make war not love”, la scritta ss con un palese rimando alle milizie tedesche al seguito di Hitler, una svastica disegnata su un cartello stradale e la frase “vietato introdurre ebrei”.

Ancora un triste episodio dunque, dopo quello delle figurine rinvenute nei corridoi dello stadio Olimpico raffiguranti Anna Frank con la maglia della Roma dello scorso ottobre, che riporta nuovamente tra le pagine di cronaca il nome di Anna Frank, la ragazza ebrea che venne deportata e uccisa insieme alla sua famiglia, le cui memorie furono affidate al celebre diario e la cui storia è stata oggetto, e soggetto, di vari film, documentari, dibattiti e studi.

Dalle ultime notizie sembra che le strade e i cartelli siano stati già ripuliti, il tutto è ora nelle mani dei carabinieri di Pesaro che cercano di ricostruire attraverso le telecamere di videosorveglianza del comune e dei negozi vicini alla scuola le dinamiche del triste episodio nel tentativo individuare i responsabili.

Anna Frank: una memoria da condividere

La sua casa, o meglio quello che era diventato il rifugio dove la famiglia visse in clandestinità per due anni, sito in via Prisengracht 236 ad Amsterdam, è oggi diventato un museo. Nella casa vuota, perché dopo la cattura da parte delle milizie antisemite tutte le proprietà e la mobilia della famiglia Frank vennero rubate e poi rivendute, si può ancora respirare il dolore vissuto in quegli anni, specchio del dolore di altre centinaia di famiglie ebree, deportate, torturate e uccise dai nazisti.

Eppure tutto questo dolore non basta, o sembra non bastare a chi riesce in qualche modo ad usare quegli avvenimenti senza far ricorso al buon senso e alla memoria collettiva.

Tra chi rinnega addirittura l’esistenza stessa dell’Olocausto e chi utilizza immagini allo stadio senza aver rispetto per il passato e per la memoria, c’è chi imbratta scuole, luogo di crescita ed educazione delle future generazioni con frasi inneggianti alla guerra e all’odio, e simboli che rimandano a uno dei periodi più cupi della storia dell’umanità.