In un mondo in continua evoluzione come il nostro è impossibile creare e conservare degli stereotipi, perché il progresso tecnologico e sociale degli ultimi 50 anni ha rivoluzionato anche le concezioni più radicate dell’uomo. Il mondo globalizzato di oggi rende impossibile la creazione di un’opinione infondata, con un click è possibile farsi un’idea del mondo che ci circonda: anche gli stereotipi più forti crollano di fronte alle evidenze.
Oggi prenderemo in esame uno degli stereotipi più forti degli ultimi vent’anni, condiviso tutt’oggi da tanti (nonostante tutto è psicologicamente difficile andare contro le proprie idee e svincolarsi da uno stereotipo): la qualità della manifattura cinese.
La manifattura cinese
È risaputo che durante i primi anni del XXI secolo le asportazioni della Cina sono cresciute in maniera esponenziale, ma la qualità dei prodotti era discutibile: punto forte di questo boom economico era comunque il prezzo, basso e coerente con la qualità percepita del prodotto. Oggi questo stereotipo deve essere superato, la Cina sta producendo prodotti di altissima qualità, esempi eclatanti di questo sono i colossi digitali della Huawei e della Xiaomi.
Quest’ultima azienda compie quest’anno 8 anni di vita, e questo mese aprirà il suo primo mega store Italiano nel cuore di Milano: la Xiaomi ormai vende prodotti ricercati e qualitativamente invidiabili, nonché dispositivi loT e scooter elettrici a dimostrazione di quanto il loro settore di ricerca e sviluppo sia all’opera.
Gli stereotipi come una malattia e come un arbusto
Ma perché nonostante Huawei, Xiaomi e tanti altri nomi famosi non sono sufficienti per superare la barriera stereotipica? Perché la gente continua a dubitare della manifattura cinese, preferendo in questo caso un telefono della Apple o della Samsung? La soluzione e tanto semplice quanto deludente, e la troveremo all’interno di due metafore che ci aiuteranno a capire come si muovono gli stereotipi.
La prima metafora vede il paragone con un virus, una malattia virale che se non contrastata sul nascere infetta la popolazione, tuttavia lo stereotipo non viene curato e dilaga senza freni nel mondo globalizzato. La seconda metafora parla di un arbusto: la radice cresce nel terreno come un’idea, un’opinione cresce nella mente: tuttavia non è altrettanto facile toglierla, anzi spesso si preferisce rimuovere solo la parte superiore della radice, la parte visibile dell’arbusto, lasciando che dalla radice riparta la vita. allo stesso modo è difficile andare completamente contro le proprie idee, è più facile cambiare opinione ma lasciare nel proprio profondo la precedente convinzione, che anni dopo è pronta a riemergere come un arbusto ricresciuto.