La voce era circolata da subito: Ludovica, 10 anni, doveva essere stata sedata, per questo non avrebbe urlato quando suo padre Fausto Filippone domenica 20 maggio l'ha uccisa lanciandola da un ponte a 40 metri d'altezza. Ora quell'ipotesi sembrerebbe trovare un riscontro. Forse realmente la bambina è stata drogata dal papà prima che la scaraventasse dal viadotto Alento della A14 all'altezza di Francavilla al Mare, e lui stesso sarebbe stato drogato. Nell'auto del manager abruzzese di 49 anni, sono state trovate cocaina e tracce di sostanze ancora da identificare.

Un bicchiere di plastica rivelatore

In quella domenica di follia, il manager abruzzese ha prima spinto dal balcone di un secondo piano di un edificio di Chieti Scalo, di solito affittato agli studenti, la moglie Marina Angrilli, di 51 anni, morta in ospedale. Poi si è allontanato dalla scena del crimine ed è andato a Pescara nell'abitazione di famiglia a prelevare la figlia Ludovica annunciandole una sorpresa speciale. Con la bambina a bordo della sua auto, una Bmw X1, ha raggiunto il tratto autostradale tra Pescara Ovest e Francavilla all'altezza del viadotto Alento. Sceso dall'auto, l'ha lanciata nel vuoto come una cosa per poi suicidarsi dopo sette ore. Dopo i tragici eventi, nell'auto perquisita sono stati trovati due reperti estremamente rilevanti: un bicchiere di plastica contenente 50 grammi di polvere biancastra, cocaina mischiata a un'altra sostanza, e una siringa usata al cui interno c'erano ancora un paio di gocce di un'altra sostanza anch'essa da identificare, ora al vaglio dei periti incaricati dalla procura di Chieti.

L'uomo avrebbe assunto droga per allentare i freni inibitori, abbattere la paura, trovare il coraggio di gettare la figlia e infine di lanciarsi a sua volta dal viadotto. E avrebbe drogato anche sua figlia prima di ucciderla. Per fare chiarezza, occorrerà aspettare l'esito degli esami tossicologici sul corpo della piccola Ludovica.

Anna Lucia Campo, sostituto procuratore titolare dell'inchiesta, ha inoltre incaricato un tecnico informatico di esaminare i cellulari di Filippone e quello della moglie. Non è chiaro lo stato della loro relazione. Lo smartphone di Marina Angrilli è stato trovato nella tasca della camicia dell'omicida suicida. Anche se danneggiato dalla terribile caduta, potrebbe restituire informazioni importanti sulle ultime conversazioni o gli ultimi messaggi tra lui e sua moglie.

'La mia vita è finita 15 mesi fa'

Sul fatto che avesse premeditato un piano da tempo, non paiono esserci più dubbi: due giorni prima dei fatti, aveva chiamato uno studente, uno degli inquilini a cui affittava la casa di Chieti Scalo chiedendogli di lasciargli aperta la porta della camera che dà accesso al balcone da cui ha spinto la moglie. Una richiesta che col senno del poi appare inquietante. Al mediatore, lo psichiatra Massimo Di Giannantonio che per sette ore ha condotto trattative cercando di dissuaderlo dal suo folle intento, Filippone ha detto che la sua vita era finita 15 mesi fa. Ma a che cosa alludeva? Si è parlato di una depressione dopo la morte della madre lo scorso agosto a seguito di una forma molto aggressiva di Alzheimer.

Le indagini mirano a chiarire cosa realmente possa aver spinto l'uomo a sterminare la sua famiglia. Pare che un paio di mesi fa, fosse stato colpito dal suicidio di un amico di cui gli aveva dato notizia una ex compagna di classe. Anche il suo personal trainer sentito dagli inquirenti, ha raccontato che negli ultimi tempi l'uomo appariva talvolta assente, cupo. Ma possono bastare questi elementi a spiegare la devastante atrocità di ciò che ha commesso?