Una rivelazione inedita potrebbe gettare nuova luce sul caso di Emanuela Orlandi, la 15enne scomparsa nel nulla dopo essere uscita dalla scuola di musica a Sant’Apollinare a Roma, il 22 giugno del 1983. E così, proprio mentre il fratello Pietro organizzava una fiaccolata per ricordare a 35 anni di distanza il rapimento della giovane, un particolare rimasto segreto per anni aggiungeva nuovi punti interrogativi al mistero.
E' stato lo stesso Pietro, le cui parole sono state rese note dall'ANSA, a rivelare come la famiglia della giovane scomparsa abbia appena appreso dell’esistenza di una telefonata tenuta nascosta anche agli investigatori italiani che si occuparono del caso: questa chiamata arrivò al centralino del Vaticano circa un’ora dopo la sparizione della ragazza, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, quando ancora tutti erano all’oscuro dei fatti.
Una strana chiamata per Agostino Casaroli
Verso le 20:30 del 22 maggio 1983 squilla il telefono al centralino del Vaticano: dall’altro capo della cornetta uno sconosciuto che chiede di poter parlare con il cardinale Agostino Casaroli, che all’epoca ricopriva la carica di segretario di Stato della Santa Sede.
Il porporato non è a Roma, ha accompagnato Giovanni Paolo II in un viaggio ufficiale in Polonia. Le suore del centralino, forse convinte che si tratti di uno dei tanti mitomani con cui abitualmente hanno a che fare, decidono di girare la telefonata alla Sala Stampa. Chi risponde però riceve una notizia clamorosa che nessuno – nemmeno i familiari che attendono preoccupati a casa il ritorno della giovane – conosce ancora: Emanuela è stata rapita. A quanto pare la telefonata non è presa seriamente in considerazione fino al giorno dopo, quando ne viene informato il Papa, che sta tornando in aereo a Roma.
Le parole di Papa Francesco
Ma da quel momento qualcuno stabilisce di non rendere pubblica quella chiamata, di cui non si saprà più nulla per 35 anni.
Per tanto tempo la prima telefonata ufficiale dei rapitori rimarrà quella del 5 luglio. Eppure Giovanni Paolo II nell’appello lanciato il 3 luglio aveva già parlato di “responsabili”, facendo riferimento ad un rapimento. Dopo anni possiamo intuire che le sue parole di allora erano dovute alla conoscenza di quella prima misteriosa conversazione, di cui non sono emersi però i particolari. Le alte gerarchie sapevano, mentre ai familiari non fu detto nulla ed anzi fu consigliato di aspettare prima di fare denuncia presso l'ispettorato di polizia della Santa Sede, affidandosi quindi alla giustizia italiana nonostante la cittadinanza vaticana della Orlandi. Ma la procura di Roma non è riuscita a districare la complessa vicenda del rapimento della giovane ed ha archiviato l’inchiesta nel 2016.
Tuttavia i parenti della ragazza non si sono rassegnati: lo scorso novembre è stata presentata per la prima volta in Vaticano una denuncia formale per la scomparsa e contestualmente è stata rivolta al segretario di Stato la richiesta di poter accedere a tutti i documenti relativi al caso. Per rompere il muro di silenzio i congiunti della giovane, da sempre alla ricerca della verità, hanno fatto appello al Papa. Ma non hanno avuto risposta: “Emanuela è volata in cielo” sono state le parole di Francesco durante un incontro con Pietro Orlandi.