Sono trascorsi 35 anni dalla scomparsa della quindicenne Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di cui si perse ogni taccia la sera del 22 giugno del 1983. Ma i riflettori sulla storia di Emanuela, grazie anche alla tenacia della famiglia e del fratello Pietro, non si sono mai spenti. Stasera, proprio in ricordo della ragazza, si terrà una manifestazione in Piazza Giovanni XXIII a Roma, a partire dalle ore 18.30.

Inchiesta chiusa: ma il caso Orlandi è ancora insoluto

Emanuela, che oggi avrebbe 50 anni, scomparve fuori dalla scuola di musica, in un caldo pomeriggio d'estate a Roma.

Era appena uscita dalla lezione di flauto, che svolgeva regolarmente a Sant'Apollinare, nei pressi di Piazza Navona. Erano circa le 19.30 e da allora di lei non si seppe più nulla di certo.

Molti rivendicarono la paternità di questo anomalo rapimento, di questa scomparsa senza tracce, ma non arrivò mai, né alla famiglia, né alle forze dell'ordine, una vera prova del fatto che Emanuela fosse ancora viva. Ugualmente, però, non fu neanche accertata la morte della ragazzina, motivo per cui la famiglia, specialmente il fratello Pietro Orlandi, non ha mai smesso di cercarla. La prima inchiesta venne chiusa nel 1997. Nel 2008 venne riaperta a causa di alcune dichiarazioni da parte di Sabrina Minardi, ai tempi amante di Enrico De Pedis, boss della banda della Magliana.

Secondo questa testimonianza la Orlandi venne fatta rapire per conto di un'alta carica legata all'ambiente del Vaticano. L'inchiesta venne nuovamente chiusa nel 2016. Le ipotesi e le piste seguite furono davvero molte. Il fatto che l'allora Papa Giovanni Paolo II avesse rivolto molti appelli pubblici per la liberazione di Emanuela Orlandi, presupponendo quindi che fosse trattenuta contro la sua volontà, ha contribuito all'entrata in scena di mitomani, sciacalli e movimenti estremisti.

Questi interventi, spesso anonimi, hanno reso ancora più difficile giungere alla verità, che si è persa, in decenni di confusione e omertà.

Dal Vaticano mai una risposta su Emanuela Orlandi

La Santa Sede ha sempre dichiarato di aver trasmesso tutto ciò di cui era in possesso alla magistratura italiana. Di parere contrario Pietro Orlandi, che in virtù della manifestazione di questa sera ha dichiarato all'Ansa:

"Pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela monsignor Giovanni Battista Morandini disse a mio padre che la vicenda preoccupava lo Stato, e c'era un invito a non aprire in Vaticano una falla che difficilmente si sarebbe potuta chiudere.

Ecco, penso che la decisione di archiviare l'inchiesta giudiziaria sia un proseguimento di quelle parole. Dal Vaticano mai una risposta, e il muro è sempre più alto".

Da due anni la famiglia Orlandi ha affidato il caso all'avvocatessa Laura Sgrò dello studio Bernardini de Pace. Il legale già da un anno ha chiesto di poter accedere a tutti gli atti sul caso al Segretario di Stato Vaticano. Non ha ancora ricevuto una risposta. Ugualmente solo un anno fa, sempre per azione della Sgrò, è stata presentata per la prima volta una denuncia formale in Vaticano per la scomparsa di Emanuela Orlandi. Infine il divieto, questa volta da parte dello Stato Italiano, di far incontrare all'avvocatessa Pippo Calò, ex cassiere di Cosa Nostra che pochi mesi fa si era detto pronto a parlare della scomparsa della ragazzina.