Prendiamo come spunto le parole del sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, pronunciate in occasione dell'odissea vissuta dalla nave militare 'Diciotti': “Non è con gli spot che si risolvono le questioni legate all'immigrazione”. Così, grazie alla pretestuosa 'linea dura' del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, quella che sarebbe stata un'operazione di routine si è trasformata in un caso politico che ha spaccato il Paese.
Riconosciamo al leader della Lega il consueto talento nel sollevare tempeste mediatiche, quella che si è sviluppata intorno allo sbarco dei 67 migranti al porto di Trapani è stata di tale intensità da 'oscurare' addirittura la vera notizia del giorno: il taglio dei vitalizi per gli ex deputati per il quale è arrivato il via libera dall'ufficio di presidenza della Camera, dunque uno dei maggiori cavalli di battaglia del M5S che ha iniziato a prendere forma. Sebbene Salvini sia certamente abile nel rivoltare le questioni a proprio favore, quanto accaduto a Trapani è una sconfitta della sua potente macchina propagandistica.
È la cronaca di una vicenda partita male, con le evidenti ingerenze del ministro dell'Interno in un compito che è proprio della magistratura e proseguita nel peggiore dei modi, con un estenuante tira e molla in cui si impediva ad una nave militare italiana di approdare in un porto del Paese. Il finale non è positivo per il titolare del Viminale, l'intervento del Capo dello Stato che ha definitivamente sbloccato la situazione sa tanto di 'richiamo all'ordine'. Anche perché i presunti reati di cui si sarebbero macchiati i migranti (a sentire Salvini sembrava che la 'Diciotti' stesse trasportando un equipaggio di pirati provenienti dall'isola della Tortuga, ndr) sono stati di gran lunga ridimensionati.
Niente manette
Dovevano scendere 'tutti in manette', secondo i proclami di Matteo Salvini. Invece le uniche manette che si sono viste al porto di Trapani sono state quelle mostrate in maniera provocatoria dagli attivisti che hanno dato luogo ad un presidio. I cosiddetti 'buonisti' (un termine che in certe bacheche di Facebook ha assunto un significato negativo), più o meno gli stessi che ai tempi del governo Berlusconi venivano definiti 'giustizialisti' (come cambiano i tempi), hanno messo in atto un presidio per chiedere a gran voce lo sbarco dei migranti. Alla loro richiesta ha fatto eco il citato sindaco Tranchida e le sue parole hanno scatenato un vespaio sui social network. I 'salviniani' (numerosi anche a Trapani, dato da evidenziare) si sono però fermati alla frase del primo cittadino in cui esortava il ministro dell'Interno a "prendersela con quelli più grossi di lui ed a lasciar stare i più deboli", facendo riferimento ai tavoli dell'UE dove la questione migranti andrebbe presa di petto.
"Se il governo alza la voce in sede UE, ha la nostra solidarietà", ha dichiarato Tranchida, ribadendo semplicemente che la propaganda non risolve i problemi. In merito ai presunti dirottatori, il sindaco della città falcata aveva giustamente evidenziato che "chi sbaglia deve pagare".
Cadute le accuse più pesanti
In realtà le pesanti accuse del dirottamento che sarebbe stato rischiato sulla nave Vos Thalassa (che aveva soccorso i 67 cittadini stranieri nei pressi di una piattaforma petrolifera) sono cadute nella ricostruzione dei fatti contenuta nelle informative di polizia. Gli investigatori hanno raccolto le testimonianze dell'equipaggio e degli stessi immigrati a bordo della 'Diciotti' ed hanno escluso che a bordo della Thalassa si sia verificata una rivolta o ci sia stato un tentativo di dirottare il natante.
Semplicemente, il comandante della nave ha avvertito la Guardia Costiera di non essere più in grado di gestire la situazione a bordo nel momento in cui i migranti avevano capito che sarebbero stati riportati al punto di partenza. Tra i reati contestati, pertanto, è rimasto in piedi il capo di accusa meno grave: violenza privata nei confronti del comandante della Thalassa. Due gli indagati, il ghanese Hamid Ibrahim ed il sudanese Ibrahim Bushara. Il procuratore di Trapani, Alfredo Morvillo, ha dato incarico alla squadra mobile della locale Questura di svolgere ulteriori indagini, ma ci sentiamo di escludere che vengano effettuati dei fermi, anche perché non stiamo parlando di tipologie di reati che prevedono gli arresti.
L'intervento del Colle
Nonostante tutto, siamo certi che senza l'intervento del Presidente della Repubblica la situazione sarebbe rimasta in stallo. Il premier Giuseppe Conte era appena rientrato da Bruxelles, nel momento in cui ha ricevuto la chiamata di Sergio Mattarella. Poi il presidente del Consiglio ha chiamato gli esponenti del suo governo coinvolti nella vicenda, i ministri dell'Interno e delle Infrastrutture, Salvini e Toninelli e, subito dopo, ha dato l'atteso annuncio che le operazioni di sbarco stavano per iniziare dopo la conclusione delle procedure di identificazione a bordo della 'Diciotti'. Salvini che, per l'intera giornata, aveva tenuto la sua 'linea dura', ha corretto leggermente il tiro.
"Prima sbarcano e prima testimoniano", ha dichiarato, aggiungendo che erano in corso le procedure che avrebbero permesso di raccogliere tutti gli elementi utili ad indagare ed arrestare i responsabili degli atti di violenza. In un post su Facebook ha ribadito più o meno la stessa cosa: "Nave Diciotti, due indagati, tutti fermati ed interrogati", ribadendo il suo noto mantra "la pacchia è finita". In realtà alcune fonti interne al suo dicastero hanno fatto trapelare il suo "stupore" in merito all'intervento di Mattarella, oltre al "rammarico" per la decisione della Procura di Trapani di non disporre alcun fermo. Se non è 'molto rumore per nulla', poco ci manca.