Una vecchia intervista all’architetto Morandi le cui immagini sono tratte dalle ricchissime Teche Rai e risalgono al 1977 è eloqunte: il Ponte Morandi, o come tutti lo chiamano a Genova il Viadotto Polcevera, aveva dieci anni di vita. Eppure il suo progettista, l’ingegner Morandi aveva avvertito: “È uno dei progetti dei quali sono più orgoglioso ma è stato anche uno dei più difficili e arditi, sarà necessario lavorare in modo scrupoloso per mantenere questo ponte in salute”.

L’intervista era stata registrata quando l’architetto, di ritorno dagli Stati Uniti dove era docente presso la prestigiosa Florida University, non lascia spazio a interpretazioni.

Morandi era stato chiarissimo nell’analizzare i rischi del suo ponte

Accanto all’intervista del professionista, che all’epoca aveva 75 anni, compaiono anche descrizioni tecniche in lingua italiana e inglese molto complete e dettagliate. Ci sono avvisi, consigli, informazioni che diventano una sorta di libretto d’istruzioni per quello che al momento del crollo della scorsa settimana – con i suoi 72 metri – era il ponte più alto d’Europa e per anni era stato anche il più lungo. Morandi scrive chiaramente… “L’atmosfera salina della città e il forte vento di scirocco carico di umidità e di salsedine proveniente dal mare che è distante meno di un chilometro in linea d’aria, devono essere considerati fattori di rischio.

L’aria di mare rischia di attaccare la struttura portante in acciaio con maggiore aggressività: occorrerà dunque una manutenzione scrupolosa e attentissima”.

La vicinanza delle acciaierie: altro fattore di rischio

genova, quando il ponte costruito da Morandi era stato ultimato, nel 1967, non è più solo una città portuale ma una metropoli di oltre un milione di abitanti con una fortissima vocazione industriale. Per anni, sotto la collina di Coronata, proprio a fianco del ponte, campeggerà il gasometro dell’Italsider, il complesso siderurgico da un milione di metri quadrati costruito a Cornigliano i cui capannoni si trovano proprio sul lembo destro della foce del Polcevera. L’area a caldo è stata smantellata da anni ma all’epoca gli altoforni lavoravano a pieno regime: “Gli scarichi delle acciaierie andranno studiati e monitorati per verificare se e come interagiranno con la struttura del ponte e i suoi componenti.

Anche questo diventa un fattore significativo”.

“Nessuna opera è eterna senza manutenzione” diceva Morandi

Morandi chiudeva la sua relazione datata 1979 consigliando una verifica oggettiva circa le condizioni di calcestruzzo e acciaio procedendo a una manutenzione con pianificazioni quinquennali. La sua intervista si chiude con un passaggio significativo: “Qualsiasi ingegnere o architetto sogna che le sue opere gli sopravvivano se non che siano addirittura eterne. Ma dobbiamo tutti essere ben consapevoli che il nostro lavoro è al servizio dell’urbanistica e dei cittadini; lavorare per finire sui libri o schiavi dei record non è serio. Il mio ponte è un’ottima costruzione che con la giusta manutenzione si rivelerà utile e duratura ma la corrosione è di fatto un pericolo per qualsiasi opera costruita con qualunque materiale”.

Morandi, quasi quarant’anni fa, aveva anche individuato il materiale giusto con il quale sostenere acciaio e calcestruzzo: resine di nuova generazione. "Penso che prima o poi e forse già tra pochi anni – scriveva Morandi - sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine, per poi coprire tutto con elastomeri (gomme termoplastiche resistenti ed estremamente elastiche n.d.r.) ad altissima resistenza chimica". Il Politecnico di Milano in una relazione molto più recente conclusa nel 1995, dopo due anni di studio, aveva decretato che i punti deboli del ponte erano i tiranti. Proprio quelli che hanno ceduto. L’iter della gara d’appalto di Autostrade per l’Italia per la sostituzione dei tiranti delle campate crollate era iniziato a maggio: tardi…