A Napoli non si avevano più notizie del colera dal 1973 quando ci fu un'epidemia, l'ultima grave in Italia. Eppure in questi giorni nella città partenopea è scattata l'allerta colera ed è ritornata quell'ormai antica paura, dopo che due persone, mamma e figlio, sono stati ricoverati all'ospedale Cotugno, specializzato nella cura delle malattie infettive.

Si tratta di immigrati residenti a Sant'Arpino, comune in provincia di Caserta, da poco rientrati dal Bangladesh.

Lo ha reso noto la stessa struttura ospedaliera che li sta tenendo sotto stretta osservazione sanitaria. Si tratta ora di due episodi, come altri in varie parti d'Europa, in cui la malattia è stata contratta all'estero.

Due casi di colera a Napoli ma nessun allarme

Antonio Giordano, commissario straordinario dell'azienda ospedaliera Colli Monaldi - Cotugno - Cto, assicura che la situazione è sotto controllo e che entrambi i pazienti sono in condizioni stazionarie. Non destano preoccupazioni le condizioni della mamma. Più critiche quelle del bimbo di due anni, che fino a mercoledì è stato ricoverato in rianimazione presso l'ospedale pediatrico Santobono.

L'azienda sanitaria ha reso noto che il vibrione è stato isolato nelle feci del piccolo paziente di due anni e sulla mamma. Quindi sono state attivate le procedure previste dai protocolli medici. Domani arriveranno da Napoli all'Istituto Superiore di Sanità i campioni per analizzare e caratterizzare i ceppi batterici.

Colera, che cosa è e come si manifesta

E' una malattia infettiva acuta che colpisce l'intestino. A scatenarla sono i batteri della specie 'Vibrio Cholerae' che vivono soprattutto nelle acque salmastre ma anche dolci. Si trasmette attraverso acqua o alimenti contaminati, bevendo acqua sporca o ingerendo cibi infetti. Può essere asintomatica o con scarsi sintomi. Ma possono esserci diarrea e forte vomito.

Contrariamente a ciò che si tende a credere, il colera non è infettivo. Il contagio diretto è raro in condizioni igienico-sanitarie normali. Mentre avviene per trasmissione oro-fecale. Nei casi più gravi porta a pericolosi fenomeni di disidratazione. L'incubazione può variare da uno a cinque giorni. Si cura con terapia per reintegrare i liquidi persi e con terapia antibiotica. Esiste un vaccino.

Malattia quasi scomparsa in Italia e in Europa

La malattia che nel XIX secolo con sei grandi ondate epidemiche si diffuse dal delta del Gange, in India, al resto del mondo, ha a lungo terrorizzato l'Italia e l'Europa e provocato milioni di morti in tutti i continenti. Oggi, secondo i dati dell'Istituto Superiore di sanità e del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie, è pressoché scomparsa in Italia e molto contenuta in Europa con pochi casi 'di importazione'.

L'ultima epidemia italiana risale al 1973 e colpì proprio Napoli, la Campania e la Puglia. Poi, una mini epidemia limitata a dieci casi c'è stata a Bari nel 1994. L'ultimo caso mortale in Italia nel 2008: un uomo di ritorno dall'Egitto deceduto in ospedale. Aveva contratto la malattia all'estero.

Colera, la malattia della povertà

Diversa la situazione su scala planetaria. Secondo i dati dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità, il batterio è diffuso in 47 tra le nazioni più povere del mondo. Uccide ogni anno circa 95mila persone e ne infetta tre milioni in alcune aree del mondo vulnerabili quali Haiti, dove resta una delle principali cause di morte, lo Yemen, la Somalia e nei luoghi del mondo caratterizzati da povertà e scarse condizioni igieniche.

L'assenza di fognature o depuratori permette al batterio di proliferare dove le fonti di approvvigionamento idrico sono gravemente compromesse.

Già bollire l'acqua e cuocere gli alimenti contaminati (frutta, verdura, frutti di mare) riduce la potenza d'urto del vibrione.

Non tutti sanno che fu un genio dimenticato italiano, l'anatomista e patologo Filippo Pacini che nel 1854 per primo riuscì ad isolare i batteri responsabili del colera individuando al microscopio nell'intestino di persone morte organismi microscopici a forma di virgole, che chiamò vibrioni.