Il Tar del Lazio ha confermato le multe inflitte ad alcune banche in merito allo scandalo dei diamanti attraverso i quali sono stati truffati migliaia di risparmiatori. La vicenda, ricordiamo, risale ad alcuni anni fa e si riferisce alla pratica, messa in atto da alcune banche, di spingere i clienti ad investire i propri risparmi in diamanti, venduti a prezzi gonfiati rispetto al loro reale valore di mercato.

Una pratica considerata scorretta dall’Agcm, Autorità garante della concorrenza e del mercato, che aveva per questo inflitto pesanti multe a quattro banche e sue società intermediarie.

Le banche coinvolte nello scandalo dei diamanti: la sentenza del Tar del Lazio

La pronuncia dell’Authority risale ad un anno fa e prevedeva una sanzione per complessivi 15 milioni di euro circa così distribuiti tra i vari soggetti:

  • Banca Unicredit, 4 milioni di euro;
  • Banco Bpm, 3,35 milioni di euro;
  • Banca Intesa Sanpaolo, 3 milioni di euro;
  • Banca Mps, 2 milioni di euro;
  • Intermarket Diamond Business (Idb), 2 milioni di euro;
  • Diamond Private Investment (Dpi), 1 milione di euro.

La sentenza del Tar del Lazio ha rigettato i ricorsi presentati da tutti i soggetti, ad eccezione di Banca Intesa Sanpaolo che ha deciso di rimborsare i clienti, confermando, quindi, le multe inflitte dall’Agcm per aver messo in atto pratiche commerciali scorrette nella vendita di diamanti anche attraverso gli sportelli bancari.

Nelle motivazioni i giudici amministrativi fanno riferimento ad una “asimmetria informativa”, unita “all’ingannevolezza dei messaggi al cliente”.

Come funzionava la truffa dei diamanti

Lo scandalo dei diamanti aveva portato alla luce un meccanismo attraverso il quale i broker Idb e Dpi vendevano i preziosi ai risparmiatori attraverso gli sportelli di alcune banche, offrendo condizioni e garanzie che si sono rivelate non rispondenti alla realtà. Nel dettaglio, i diamanti venivano proposti agli acquirenti come “bene rifugio”, il cui prezzo era destinato inevitabilmente a crescere nel tempo.

Secondo quanto accertato dall’Autorità e confermato dalla sentenza del Tar, non solo i risparmiatori non venivano informati sugli effettivi rischi di volatilità dell’investimento, ma acquistavano i diamanti ad un prezzo notevolmente più alto rispetto a quello di mercato, anche a causa delle elevate provvigioni incassate dagli istituti bancari in questione in qualità di intermediari e che oscillavano tra il 10 e il 20% del prezzo pagato dal cliente.

Quella che si è rivelata essere una vera e propria truffa veniva alla luce nel momento in cui il risparmiatore decideva di monetizzare il proprio investimento vendendo i diamanti, scontrandosi con la realtà di un prezzo di mercato sempre più basso di quello pagato.

La sentenza del Tar del Lazio, che ha respinto i ricorsi delle banche coinvolte nello scandalo, costituisce ora, secondo l’associazione dei consumatori Aduc, un strumento in più in mano ai risparmiatori truffati per l’ottenimento dei rimborsi.