Dopo quasi quattro anni si è concluso oggi il processo per l'omicidio di Marco Vannini, il ventenne di Cerveteri morto la sera del 17 maggio 2015 per una ferita da arma da fuoco infertagli mentre si trovava a casa della fidanzata Martina Ciontoli.
Un caso di cui si è parlato tanto per le varie contraddizioni emerse fin dall'inizio, per le bugie, per le intercettazioni che l'hanno caratterizzato.
Un caso a cui oggi viene posta la parola fine ma che per i familiari e gli amici del giovane è inaccettabile.
La ricostruzione dei fatti
Secondo la ricostruzione, Marco Vannini si trovava a casa della fidanzata intento a farsi un bagno nella vasca, quando entra Antonio Ciontoli -il suocero- per prendere un'arma da una scarpiera. Da lì parte un colpo che ferisce gravemente il ragazzo. I soccorsi, a causa di svariate versioni improvvisate e sottovalutate, arrivano troppo tardi per poter salvare la vittima.
Fin da quella sera i fatti appaiono ambigui: perché Marco, poco prima di mezzanotte, avrebbe deciso di ritirarsi nel bagno di una casa così affollata?
A che cosa serviva l'arma recuperata da Ciontoli? Perché minimizzare l'agonia di un ragazzo dicendo che si era punto con un semplice pettine? Soprattutto: perché uccidere Marco? Qual era la sua colpa?
La sentenza in primo grado
In primo grado, la Corte d'Assise, guidata dal Procuratore Generale Vincenzo Saveriano, aveva stabilito 14 anni di pena per il capofamiglia, sottoufficiale della Marina Militare, accusato di omicidio volontario e tre anni invece per omicidio colposo per il resto della famiglia: la moglie di Ciontoli Maria Pezzillo, i figli Federico e Martina, ragazza di Vannini. Assolta invece Viola Giorgini, fidanzata del figlio di Ciontoli, anche lei presente in casa la sera del delitto e accusata semplicemente di omissione di soccorso.
29 Gennaio 2019: la svolta
La famiglia di Vannini che oggi sperava di avere finalmente giustizia non può invece che lasciarsi trasportare dalla disperazione: condanna ridotta in appello per Antonio Ciontoli che è stato condannato a cinque anni mentre è stata confermata la pena a tre anni ciascuno per gli altri imputati.
Le reazioni
Dopo l'emissione della sentenza d'appello, i familiari del giovane Marco non hanno potuto che reagire con durezza, protestando contro chi ha tolto la vita al loro ragazzo senza prestargli alcun tipo di soccorso, contro chi ha continuato a costruire castelli di bugie e contro chi non è riuscito ad arrivare alla verità.
"La vita di Marco non può valere cinque anni. Dove sta la Legge? Aveva il futuro davanti.