Il noto critico d'arte Vittorio Sgarbi è stato condannato, in secondo grado, per diffamazione nei confronti del giornalista Sebastiano Grasso, responsabile delle pagine di arte del Corriere della Sera. La decisione è stata presa dalla Corte D'Appello civile di Milano, che ha condannato Sgarbi a pagare un risarcimento di 24mila euro più tutte le spese legali. Sgarbi, con sms e a mezzo stampa, avrebbe leso l'immagine di Grasso.

Il critico d'arte aveva espresso un giudizio negativo su un articolo curato dallo stesso giornalista apparso nel 2011 sulla testata per cui lavora. Il pezzo esprimeva sul Padiglione Italia della Biennale di Venezia, curato da Vittorio Sgarbi.

Sms ingiuriosi

Una volta che Sgarbi vide il pezzo sul Corriere della Sera, contattò tramite sms l'autore dell'articolo. Nei messaggi rivolti a quest'ultimo sarebbero contenute offese e parolacce, le quali sono state considerate anch'esse di natura diffamatoria. Grasso, all'epoca dei fatti, non diede particolare importanza agli sms, in quanto appunto si trattava di una conversazione privata.

La situazione però si fece seria quando, dalle pagine del Giornale, Sgarbi tuonò nuovamente contro il giornalista, definendo la sezione d'arte del Corriere della Sera una "riserva di favori e dispetti". A questo punto Grasso non ci ha visto più e ha querelato Sgarbi. La notizia del risarcimento che il critico d'arte è condannato a pagare è stata diffusa dall'avvocato del giornalista di Grasso, Biagio Cartillone. Sarebbe stato infatti lui stesso a produrre integralmente la sentenza in questione.

Sentenza aumentate di quattro volte

Quanto Sgarbi dovrà pagare è veramente una cifra altissima, ben quattro volte tanto (secondo quanto si apprende da SkyTg24) il risarcimento a cui era stato condannato in primo grado.

Il critico d'arte è noto per le sue uscite furibonde, andate spesso in onda anche in diversi programmi televisivi. Sgarbi è anche un politico e attualmente è deputato del Gruppo Misto, dopo essere stato eletto nelle liste di Forza Italia alle elezioni politiche del 2018. Non è escluso che commenti la sentenza della Corte milanese. Ad oggi la diffamazione è ancora un illecito gravissimo, specie se gli insulti oppure delle notizie non veritiere vengono fatte circolare sulla stampa, circostanza che costituisce un'aggravante. Anche i social network sono dei canali in cui si possono verificare casi di diffamazione e sono in aumento le condanne in quel tipo di circostanze.