Una dichiarazione destinata a creare nuove polemiche, ma che potrebbe avere solide basi legali per poter essere accolta. Il nuovo legale di Christian Gabriel Natale Hjorth, il ragazzo statunitense detenuto nel carcere romano di Regina Colei con l'accusa di concorso nell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha annunciato di voler fare ricorso al Tribunale del riesame.

L'Avvocato Fabio Alonzi, in rappresentanza del pool di difensori ingaggiati dalla famiglia del giovane lo ha annunciato in mattinata, all'uscita della struttura penitenziaria ove è detenuto, intervistato dai cronisti presenti. Ha raccontato di aver avuto l'occasione di poter colloquiare con il suo assistito che, sue parole, sarebbe molto "provato" per l'accaduto.

La foto con la benda e le manette non sarebbe l'unica mossa per farlo uscire

Secondo i cronisti che da giorni seguono la tragica vicenda che ha portato alla morte del giovane carabiniere sarebbero due le argomentazioni che i legali vorrebbero portare a favore della liberazione dell'amico di Finnegan Lee Elder che avrebbe confessato sin da subito di essere l'autore delle 11 mortali coltellate inferte a Mario Cerciello Rega.

Il pool di legali punterebbe sul fatto che Christian Gabriel Natale Hjorth non sarebbe stato al corrente che l'amico avesse portato con sè dagli Stati Uniti un coltello da "marines". In aggiunta potrebbe puntare sulla oramai celeberrima foto del loro assistito che lo vedeva bendato e ammanettato in caserma nei momenti successivi al suo fermo, come molti giuristi avevano previsto al momento della sua diffusione.

Dagli Stati Uniti il duro attacco di un legale della famiglia del presunto assassino

Da segnalare le dure accuse pervenute dagli Stati Uniti nei confronti degli uomini dell'Arma dei Carabinieri che stanno indagando sulla dinamica dell'efferato omicidio. A parlare è l'Avvocato Craig Peters, legale della famiglia del presunto assassino reo confesso, Finnegan Lee Elder intervistato da Dan Noyes, l'inviato a Roma del network televisivo americano ABC.

Secondo l'uomo, arrivato nella nostra capitale insieme al padre del ragazzo, non si saprebbe ancora oggi cosa sia realmente accaduto e - testuale - "Sono convinto che a questo punto ci siano delle buone probabilità che nemmeno la polizia sappia cosa è successo".

Nel frattempo anche questa mattina si è tenuto un summit in Procura a Roma tra gli investigatori per fare il punto della situazione e chiarire ancora alcuni punti ritenuti oscuri. Erano presenti, oltre ai Procuratori titolari dell'inchiesta, i loro colleghi Nunzia D'Elia e Maria Sabina Calabretta insieme al comandante provinciale dell'Arma Francesco Gargaro e il comandante del Nucleo investigativo Lorenzo D'Aloia.