Primo Romagnoli, 53 enne marchigiano, non voleva fare del male a nessuno: ce l'ha a morte con la "Tecnologia perversa" dei nostri tempi, computer e telefonini che opprimono e annebbiano la mente. Lo ha spiegato ieri, giovedì 10 ottobre, in un'aula del tribunale di Macerata nel corso dell'udienza di convalida del fermo dopo i fatti di cui si è reso protagonista. Lunedì scorso aveva seminato il panico a Tolentino, borgo abitualmente tranquillo in provincia di Macerata: prima si era barricato in casa con tre fucili semiautomatici, regolarmente detenuti avendo il porto d'armi da cacciatore, e 50 cartucce.
Poi era uscito per strada in abbigliamento adamitico e con il fucile puntato, costringendo gli abitanti a una mattinata di terrore finché i carabinieri hanno risolto la situazione nel migliore dei modi bloccandolo e arrestandolo.
Una giornata di terrore a Tolentino
A dare l'allarme alle nove di lunedì mattina è stato il gemello dell'uomo, un ex tappezziere, che vive con lui e la madre 82enne. Primo Romagnoli si era inizialmente barricato nella sua stanza al primo piano della palazzina al civico 13 di via Filzi, a Tolentino, armato di tre fucili semiautomatici, 50 cartucce calibro 20 a pallettoni.
Sul posto è giunta una vera e propria task force composta, oltre che dai carabinieri della locale compagnia e dal comandante provinciale, il colonnello Michele Roberti, da un'unità del Sio, Squadra d'intervento operativo dell’8° Reggimento Lazio distaccata a Porto Recanati, e da una squadra Sos, Squadra operativa di supporto del 13° Reggimento Friuli Venezia Giulia di stanza in Umbria. Un negoziatore ha condotto una lunga opera di mediazione, mentre i militari circondavano l'abitazione, transennavano la zona e mettevano in sicurezza l'anziana madre.
Durante le trattative l'uomo è rientrato in casa e ha esploso un colpo di fucile. Poi, dopo essersi completamente spogliato, per due volte si è affacciato sul balcone di casa puntando il fucile in direzione della piazza sottostante che era stata fatta sgombrare.
Ma la lunga mattinata di terrore non era ancora finita: verso le 12:30, vestito solo di un fucile caricato con tre proiettili di cui uno in canna pronto per essere esploso, l'uomo scese le scale del condominio puntando l'arma contro i carabinieri, si è riversato in strada in evidente stato confusionale, per dirigersi verso alcune scuole che erano già state allertate a mettere gli alunni in sicurezza tenendoli lontani dalle finestre. Alcuni passanti che lo hanno incontrato sono riusciti a trovare rifugi di fortuna. In prossimità di una stradina, vicolo Bezzi, i militari lo hanno sorpreso alle spalle fino a bloccarlo e disarmarlo dopo una colluttazione. L'uomo, lievemente ferito, è stato trasportato all'ospedale di Macerata dove, opportunamente piantonato, è stato sottoposto alle cure necessarie.
La sua versione dei fatti in tribunale
Deve rispondere di più reati: resistenza a pubblico ufficiale, minaccia grave, esplosioni pericolose e porto abusivo di arma da fuoco e munizionamento perché, quando è uscito di casa, aveva il colpo in canna e tre proiettili. Ieri, accompagnato dai carabinieri, Romagnoli è comparso in tribunale davanti al giudice Giovanni Manzoni per la convalida del fermo. Assistito dal suo legale Marco Romagnoli, ha risposto a tutte le domande del gip e ha spiegato che lunedì in un primo momento era arrabbiato e non voleva uscire di casa, poi ha riferito che, come un luddista del XXI secolo, ha imbracciato il fucile per fermare la "tecnologia perversa" da cui si sentirebbe oppresso.
Questo spiegherebbe perché ha esploso un colpo in casa contro modem e telefono. Ha anche dichiarato che con la sua azione dimostrativa non voleva far del male a nessuno.
Il giudice ha convalidato l'arresto: in un primo momento aveva richiesto la custodia cautelare in carcere, poi, sentia la relazione dei medici, ha disposto la misura cautelare in una Rems, residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, nel territorio di competenza. Nei prossimi giorni il tappezziere, che tempo fa ha perso il lavoro per problemi di salute, resterà ancora ricoverato in ospedale per completare il ciclo di cure previste dal trattamento sanitario, il primo a cui è stato sottoposto nella sua vita. Il provvedimento del gip soddisfa familiari e difesa dell'uomo perché contempera esigenze di tutela della pubblica incolumità con il necessario cammino terapeutico del fermato.