Per diversi giorni in Europa è circolata la notizia che la Finlandia avrebbe introdotto una settimana lavorativa di 4 giorni e che l'orario giornaliero sarebbe stato ridotto a 6 ore, mantenendo invariato il salario. La notizia, che poteva apparire troppo bella per essere vera, si è rivelata appunto falsa.
Una ricostruzione dettagliata di come una notizia del tutto infondata è stata ripresa dai principali media Europei è stata effettuata dal giornale News Now Finldand.
Le origini della storia
Il punto di partenza sembra essere una riunione del partito Socialdemocratico tenutasi nell'agosto 2019 a Turku, sulla costa sud-occidentale della Finlandia, per festeggiare il 120° anniversario dell'organizzazione.
Tra i partecipanti c'erano Sanna Marin, all'epoca ministro dei Trasporti; Tytti Tuppurainen, ministro degli Affari europei; Ville Skinnari, ministro dello Sviluppo e del Commercio; e Antti Rönnholm, segretario del Partito del PSS.
A un certo punto della discussione Sanna Marin ha avanzato l'idea che la produttività della Finlandia potesse trarre beneficio da una settimana lavorativa di quattro giorni o da una giornata lavorativa di sei ore (non ha mai suggerito entrambe le cose).
All'epoca è apparso anche un Tweet della Marin sul tema, sottolineando chiaramente che l'obiettivo del partito SDP era quello di ridurre l'orario di lavoro - ma, per essere chiari, anche in questo caso, non si è mai trattato di una politica ufficiale del governo.
La copertura mediatica di quell'intervento è risultata modesta ed essenzialmente limitata ai confini finlandesi.
Il lancio della fake news
Quattro mesi dopo l'evento di Turku, il 16 dicembre 2019, il notiziario austriaco Kontrast riprende la storia con la giornalista Patricia Huber che riporta un virgolettato della Marin risalente all'estate: "Una settimana di 4 giorni e una giornata lavorativa di 6 ore. Perché non dovrebbe essere il nostro prossimo passo?
Otto ore sono davvero l'ultima verità? Penso che le persone meritino di trascorrere più tempo con la famiglia, i propri cari, gli hobby e altri aspetti della loro vita - come la cultura. Potrebbe essere il prossimo passo nella nostra vita lavorativa".
La citazione è formalmente corretta, tuttavia mutando il contesto in cui viene riportata è possibile diffondere un contenuto radicalmente diverso dalle intenzioni iniziali. Infatti, il 2 gennaio 2020, il giornale di Bruxelles New Europe pubblica un articolo del giornalista Zoi Didili il cui titolo era "Il primo ministro finlandese Marin chiede 4 giorni alla settimana e 6 ore di lavoro nel paese". In questo modo, si da l'impressione che si tratti di un'iniziativa annunciata dopo che Marin è diventata primo ministro e, riportando nella stessa frase "la settimana di 4 giorni" e "la giornata di 6 ore" si da l'impressione che si tratti di un'unica proposta e non di due possibilità alternative.
È questo articolo che sembra aver scatenato altre storie, soprattutto sulla stampa britannica, che cita i commenti di Marin sulle persone che meritano di passare più tempo con le loro famiglie, ma non offre alcun contesto o linea temporale per l'informazione originale.
La morale della storia
Sebbene in questa occasione non ci sia stata alcuna manipolazione e le modalità con le quali una notizia falsa si è diffusa su tutti i media europei siano del tutto accidentali è possibile trarre degli insegnamenti da questa storia: talvolta la volontà di assecondare le tendenze del momento (in particolare la risposta "protezionista" alle ingiustizie della globalizzazione) spinge a leggere con superficialità gli avvenimenti e propendere verso interpretazioni che confermano i propri pregiudizi e congetture (la premier donna progressista che rivoluziona il mercato del lavoro) senza verificare adeguatamente la correttezza dei fatti.
Questo può evidentemente dare luogo a malintesi e dunque l'esperienza della fake news sulla settimana corta finlandese dovrebbe insegnarci ad avere sempre un atteggiamento critico nei confronti delle informazioni che riceviamo e non perdere mai l'abitudine verificare l'attendibilità delle fonti che ce le trasmettono.