Sta facendo scalpore nelle ultime ore un'intervista rilasciata a La Stampa dalla figlia di una delle vittime del Coronavirus: tanti gli aspetti evidenziati che raccontano quanto può essere temibile e subdolo il mostro contro cui l'Italia sta combattendo. Conoscere la storia di Orietta (così si chiama la protagonista) che ha visto andare via suo padre Dino può essere il presupposto giusto per impegnarsi ancora di più per battere lo spauracchio che oggi tiene in ostaggio l'Italia.
Una vicenda di una figlia che vede perire il padre venendo a conoscenza delle difficoltà a cui, al momento, sono costretti gli operatori della sanità italiana in Lombardia, senza la possibilità di assisterlo da vicino o di fargli avere un funerale. Una storia dura e cruda ma che, forse, può fungere da sprone a combattere contro la propagazione del virus.
Coronavirus: difficile trovare posto negli ospedali in Lombardia
Orietta, nell'intervista rilasciata a La Stampa, ha raccontato tutta la trafila che ha portato Dino fino alla morte. Una vera e propria odissea per una persona che, prima di essere contagiata, veniva scambiata per qualcuno che avesse vent'anni in meno.
Tutto è iniziato, secondo quanto raccontato, con un giramento di testa che gli era costato una caduta in casa e una sensazione di stanchezza protrattasi per qualche giorno. Un controllo del medico curante è stato decisivo ai fini della rilevazione di un'anomalia a livello polmonare. La battaglia, da quel momento in avanti, è stata provare a trovare un posto in ospedale: tutte piene o quasi le strutture vicine. Dai primi sintomi (25 febbraio) si è arrivati al ricovero a Crema venerdì 28 febbraio.
Coronavirus: medici in difficoltà
L'uomo è stato dunque trasportato verso il nosocomio in ambulanza, senza la possibilità di avere parenti al suo fianco durante la degenza. Orietta è riuscita ad ottenere informazioni solo attraverso un contatto telefonico con il personale sanitario.
Nella narrazione viene citata proprio una telefonata, per nulla rassicurante, intercorsa con un medico. Chiaro il virgolettato addebitato all'operatore sanitario: “Signora, deve capire, noi siamo messi molto male. Suo papà è intubato e sedato in sala operatoria, in attesa che si liberi un posto in terapia intensiva”. Era domenica 1 marzo, il giorno dopo suo padre si è spento.
Sabato gli era stato detto che Dino veniva aiutato a respirare artificialmente e che era vigile, domenica era stabile. Lunedì, invece, è arrivata la comunicazione della dipartita. Impossibile per Orietta mandare giù il fatto che abbia visto suo padre morire senza potergli stare accanto (la situazione degli ospedali non lo consente).
Allo stesso modo, in questa fase, sono vietati persino i funerali prima della tumulazione e al di là di una benedizione del parroco si può fare poco altro. Tutti aspetti che rendono ancor più amaro il destino di chi vedere morire un proprio caro. E a ciò si aggiungono i problemi legati al possibile sovraccarico dei posti di terapia intensiva di cui Dino avrebbe avuto bisogno. "A oggi - rivela Orietta - non lo so ma non credo che sia neppure arrivato in quel reparto".