È arrivata anche la richiesta di consegna dei cellulari. In quello che è noto come il "caso camici" della Regione Lombardia c'è stato per gli inquirenti un "diffuso coinvolgimento" del presidente Attilio Fontana, "accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti". Dalle chat di Roberta e Andrea Dini (rispettivamente moglie e cognato di Fontana) emerge la "piena consapevolezza" riguardo alla situazione di conflitto di interessi nell'affidamento diretto alla società dei due della fornitura di 75mila dispositivi di protezione per 513mila euro da parte di Aria, la centrale acquisti regionale, lo scorso 16 aprile.

L'indagine sui camici: l'assessore Cattaneo e la presunta mediazione con i fornitori

"Ordine camici arrivato. Ho preferito non scriverlo ad Atti". "Giusto bene così". Questo lo scambio di messaggi tra Andrea Dini, cognato del governatore e amministratore di Dama spa, e la sorella Roberta, moglie di Fontana, titolare di una quota del 10% della stessa società affidataria. Il cognato Dini risulta indagato dallo scorso luglio insieme all'ex direttore generale di Aria Filippo Bongiovanni per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. Per il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana l'ipotesi di reato è di frode in pubbliche forniture.

Di qualche giorno fa, invece, il sequestro dei cellulari dei principali interessati, indagati e non: Andrea e Roberta Dini, gli assessori regionali Raffaele Cattaneo e Davide Caparini, insieme a due funzionari di Aria e al capo della segreteria della presidenza regionale Giulia Cattaneo.

Ci sono sei messaggi scambiati a fine marzo - rivela Il Fatto quotidiano (25 settembre 2020) - tra la moglie e il cognato del presidente della Regione Lombardia. Roberta Dini scrive di aver chiamato la moglie dell'assessore regionale all'Ambiente Raffaele Cattaneo (non indagato) per avvisarla che il fratello avrebbe voluto "dare una mano". Ma è dalle successive chat che traspare, secondo gli inquirenti, l'opera di mediazione compiuta con i fornitori dall'assessore lombardo con i per favorire Dini nel reperimento del materiale tessile per i camici commissionati.

Non solo. L'11 aprile l'assessore scrive al cognato di Fontana di contare su di lui quanto alla fornitura. Tutto ciò quando da mesi l'azienda era - si legge nella richiesta dei pm - alla ricerca di "nuove occasioni di guadagno, in particolare riconvertendo la produzione in camici e mascherine" per via del calo di fatturato causa Covid.

La conversione in donazione: un tentativo di scongiurare il conflitto di interessi?

Un mese dopo i fratelli Dini maturano la decisione di convertire la fornitura dei camici in donazione da destinare alla Rsa di Varese. E' il 16 maggio. Nello scambio di messaggi gli inquirenti hanno chiaramente intravisto il tentativo da parte di Andrea e Roberta Dini di "precostituirsi una prova da utilizzare per replicare alle presumibili polemiche" riguardo alla situazione di conflitto di interessi sulla commessa di camici.

Oltre a evitare di contattare direttamente Fontana per preservarlo da possibili indizi di incompatibilità, indicativa è anche l'sms di Andrea Dini a un membro di Dama: "Dobbiamo donare molte più mascherine (...) se ci rompono per le forniture di camici causa cognato, noi rispondiamo così". In altre parole, le donazioni di mascherine sarebbero, secondo gli inquirenti, puramente strumentali.

A dispetto dei tentativi di tenerlo fuori, però è proprio Fontana a giungere in aiuto. Il "diffuso coinvolgimento" di cui scrivono gli inquirenti starebbe nell' "intervento" con un bonifico di 250mila euro in favore di Dama spa per compensare la perdita patrimoniale causata dalla donazione. Il bonifico viene bloccato dall'Unione Fiduciaria.

Ed è proprio da tale segnalazione di operazione sospetta trasmessa dal nucleo di polizia valutaria della GdF che parte l'inchiesta sui camici della procura di Milano.

Incongruenze nelle risposte ai giornalisti di Report e nelle dichiarazioni di Bongiovanni

Dell'andamento della vicenda la moglie di Fontana sarebbe stata sempre al corrente per il tramite del fratello. "Riassuntivamente si può apprezzare - scrivono ancora i pm - che Roberta Dini si confrontava regolarmente con il fratello e gli metteva a disposizione la sua rete di contatti". Anche in relazione alla linea mediatica nei confronti dei giornalisti di Report.

A questi Andrea Dini avrebbe, fra l'altro, tentato di coordinarsi con la sorella di per fornire delle risposte coincidenti e credibili".

Ad avallare questa ipotesi, sono altri scambi di messaggi. "Sono venuti a suonarmi al campanello quelli di Report", scrive il cognato Dini alla moglie del governatore. "Ho detto che è tutto donazione".

Sempre il Fatto, poi, fa presente le incongruenze rilevate dagli inquirenti nelle dichiarazioni dell'ex dg di Aria Filippo Bongiovanni. Questi, indagato insieme a una funzionaria, avrebbe riferito di essere stato convocato dall'assessore regionale al Bilancio Davide Caparini (non indagato) per fare il punto sullo stato delle forniture della regione. Presente anche Giulia Martinelli, capo della segreteria della presidenza della regione ed ex compagna di Matteo Salvini. Il cellulare della Martinelli è tra quelli sequestrati dalla GdF (anche per i fatti dei test sierologici acquistati dall'azienda Diasorin), anche se lei non risulta al momento indagata. Sentita dai pm, è proprio dal verbale d'interrogatorio che sono sorte le incongruenze con la versione di Bongiovanni. Non resta a questo punto che seguire l'indagine in attesa di nuovi sviluppi.