Il caso Yara Gambirasio potrebbe riaprirsi. Pochi giorni fa, la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che il collegio difensivo di Massimo Giuseppe Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate Sopra (in provincia di Bergamo), ha diritto ad una ricognizione completa ed analisi dei reperti di Dna rimasti. Il muratore di Mapello ha accolto la notizia in maniera positiva: "Sono teso - ha fatto sapere tramite il suo avvocato - ma anche fiducioso".
La notizia di Cronaca Nera è stata resa nota dal penalista Claudio Salvagni, uno dei legali di Bossetti, durante un'intervista rilasciata a Cusano Italia TV.
Possibili nuovi accertamenti su reperti di Dna
A “Crimini e Criminologia”, programma dedicato ai cold cases trasmesso dal canale Cusano Italia TV, nei giorni scorsi, si è parlato degli ultimi sviluppi relativi al delitto di Yara Gambirasio, la ginnasta tredicenne scomparsa nel novembre 2010 da Brembate di Sopra e ritrovata senza vita, esattamente tre mesi più tardi, in un campo abbandonato a Mapello (sempre in provincia di Bergamo).
Dopo l'ultima udienza della Cassazione, da quanto si è appreso, sembrerebbe che presto potrebbero essere analizzati, da parte dei periti della difesa, una serie reperti di Dna ancora disponibili.
Questa perizia - finora negata - rappresenterebbe l'unico modo per dimostrare che Massimo Bossetti non è Ignoto 1 e, di conseguenza, non è l'assassino di Yara Gambirasio
L'avvocato, ha poi riferito di aver recentemente parlato con il suo assistito, condannato all'ergastolo in via definitiva nell'ottobre 2018, "L'ho trovato in tensione per questi sviluppi - ha dichiarato - ma anche fiducioso che questo esame possa essere eseguito". Quindi, ha continuato: "Il giorno prima dell'ultima udienza di questo mese di maggio mi ha chiamato per dare coraggio a noi della difesa e per non lasciare nulla d'intentato".
La decisione della Corte di Cassazione
Lo scorso 21 maggio la Suprema Corte ha annullato il provvedimento della Corte d'Assise di Bergamo, pronunciato dal giudice dell’esecuzione Giovanni Petillo, che non accoglieva l'istanza, presentata dai difensori di Massimo Giuseppe Bossetti, che chiedeva di essere a conoscenza delle modalità di conservazione dei campioni di Dna ancora custoditi nell’Ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo.
L'avvocato Salvagni, ai microfoni di Fabio Camillacci, ha dichiarato che, a questo punto, c'è qualcosa che supera il semplice "innamoramento della tesi".
In proposito ha quindi precisato: "Abbiamo assistito e stiamo continuando ad assistere ad una strenua difesa di un'attività d'indagine scarsa qualitativamente e che non è stata in grado di raggiungere una certezza granitica". Il penalista - ricordando che la Corte Suprema ha riconosciuto in più di un'occasione il loro diritto di esaminare i reperti rimasti e di conoscerne lo stato di conservazione - si è detto sorpreso dal fatto, che di fatto continui ad esserci "un valzer delle Procure".
Infine, sottolineando che Dna nucleare e Dna mitocondriale non corrisponderebbero con quelli del suo assistito ha asserito che, per dare delle risposte ai tanti dubbi da sciogliere, è fondamentale esaminare i 54 campioni di Dna trovati sugli abiti indossati dalla piccola Yara.
" Adesso - ha concluso il legale ribadendo l'innocenza del suo assistito - dobbiamo solamente attendere e capire dove e quando verranno eseguiti i nuovi esami". L'intenzione della difesa di Bossetti, stando a quanto è emerso, sarebbe quella di chiedere la revisione del processo una volta ottenuto i risultati.