Umbria, terra ricca di storia e con un patrimonio enogastronomico invidiabile. Spicca la realtà del vino Sagrantino di Montefalco che prende il nome dal vitigno e dalla cittadina al centro dell'area vitivinicola di questa Docg, chiamata anche "ringhiera dell'Umbria" perché domina le valli del Clitunno e del Topino.

Si è in provincia di Perugia, quasi 700 gli ettari dedicati a questo vino, fra i comuni di Montefalco, Castel Ritaldi, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Giano dell'Umbria.

Ottimo cibo e borghi medievali che celano opere d'arte di rilievo. Nella stessa Montefalco, il Museo San Francesco e la Chiesa di San Francesco (1300) con affreschi di Benozzo Gozzoli (1452). La Strada del Sagrantino si snoda fra produttori, luoghi della gastronomia e siti architettonici.

Prima di tutto i vini, Sagrantino di Montefalco e Montefalco Rosso, dal grande carattere, compagni di piatti ricchi. Uva da piccola bacca, giunta forse dalla Grecia, portata da monaci bizantini: il suo vino è corposo, intenso, tannino ben presente, un inconfondibile aroma di frutti rossi, cannella, frutti di bosco; il colore cambia, a seconda dei produttori, dal rosso cupo al violaceo; viene utilizzato anche come ingrediente, pure in versione passito.

Consigliato in cucina da Giorgione-Giorgio Barchiesi, chef nato a Roma, umbro di adozione, personaggio televisivo del Gambero Rosso Channel, un libro di successo, "Giorgione, orto e cucina-ottanta Ricette laide e corrotte".

"Non si deve utilizzare un vino di seconda scelta per preparare un ottimo piatto - dice Giorgione - La perfetta armonia degli ingredienti e il risultato finale, hanno bisogno di un gran vino, anche del Sagrantino".

Ed ecco Gnocchi e Petti d'anatra al Sagrantino, questi ultimi cotti al forno cullati nel vino che ribolle ma con la carne ricoperta anche dalle bacche d'uva. Fra le tipicità, ingredienti come le cipolle rosse di Cannara, il lardo e lo strutto di zona, l'olio extravergine di oliva Dop Umbria-Colli Martani da cultivar San Felice, oliva raccolta a inizio maturazione per esaltarne la nota fruttata a scapito dell'acidità.

Poi il tartufo nero, il Tuber melanosporum e il tardivo Tuber aestivum.

Fra i piatti dominanti, tagliatelle, zuppe e gli Strangozzi o Stringozzi, pasta lunga, spessa a base di acqua e farina, senza uova, da antica tradizione: tanti i condimenti, varie declinazioni di ragù e sughi di carne, al tartufo e spezzatino di chianina o con zucca e salsiccia se non al pistacchio e guanciale, oppure a "culo mosso" con funghi e tartufo o con pachino, pancetta, rucola e parmigiano.

La ricetta

L'idea di Giorgione: gli Stringozzi alle erbe di campo. A Montefalco questo chef nazionale ha un ristorante, Alla Via di Mezzo, in un antico frantoio del XIV secolo e tiene lezioni di cucina partecipativa alla tenuta Antonelli San Marco, fra i migliori produttori di Sagrantino.

Per i suoi Stringozzi servono erbe come strigoli, tarassaco, caccialepre, crispigni. Poi acciughe sotto sale o sott'olio, aglio rosso, peperoncino, vino bianco, sale grosso, olio extra vergine di oliva.

Scaldare l'olio con aglio (da 1 a 3 spicchi), acciughe e peperoncino. Sfumare con vino bianco. Ad acciughe disfatte, adagiare nella padella (capiente, con coperchio opponibile) le erbe crude lavate, mondate, non strizzate: con una forbice, in cottura, sminuzzarle grossolanamente; farle stufare coperte. Appena cotte ci si scolano gli Stringozzi al dente e si manteca. Spolverare, se piace, un po' di pecorino romano.