Dopo l'offensiva lanciata il 24 ottobre 1918, l'attacco concentrato nell'area di Vittorio Veneto nella notte tra il 28 e il 29 e con lo sfondamento del fronte portato avanti dalle forze armate italiane "ridisegnate" dal generale Armando Diaz, il Primo conflitto Mondiale si concluse con la vittoria del Regno d'Italia. Dopo la rovinosa ritirata delle sue truppe, il 4 novembre 1918 l'Impero Austro-Ungarico si arrese, seguito l'11 dello stesso mese dall'Impero Germanico. Gli Imperi dell'Europa Centrale, pressati e sconfitti anche sul fronte occidentale in Francia (dalle truppe inglesi, francesi e americane), cedettero.
Proprio lo scorso 25 ottobre 2018, a cento anni di distanza da quegli eventi, il generale Armando Diaz è stato ricordato e celebrato a Roma nella Biblioteca Militare Centrale dello Stato Maggiore dell'Esercito in via XX Settembre. L'incontro è stato intitolato "L'ultima Battaglia - Armando Diaz e il suo Esercito". Sono stati presentati aspetti inediti della vita di questo generale napoletano nato nel 1861, del suo atteggiamento atipico per l'epoca come alto ufficiale, della sua sconosciuta nonché antica genealogia. Hanno partecipato alla conferenza alti gradi delle Forze Armate, altri ospiti e alcuni studenti dell’Istituto Magistrale Giordano Bruno di Roma. Presente anche il Sottosegretario alla Difesa, l'onorevole Raffaele Volpi.
Ospite d'eccezione Don Armando Diaz della Vittoria, nipote del Maresciallo d'Italia, accompagnato dai figli Sigieri e Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini. A fare da padrone di casa il Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Al tavolo dei relatori il professor Fabio Cassani Pironti, con una ricostruzione inedita della genealogia Diaz fino al punto di contatto con i loro predecessori spagnoli, poi il maggiore e professore Andrea Ungari sulla storiografia militare riguardante Armando Diaz, il generale Fulvio Poli sulla riorganizzazione dell'Esercito nel 1918, e il dottor Federico Goddi su Diaz uomo e comandante.
In chiusura, è intervenuto il professor Alfonso de Ceballos-Escalera giurista e storico spagnolo, cronista delle Armi di Castiglia e Leon, ufficiale araldico personale di Re Juan Carlos I di Spagna, studioso che ha raccontato la sua ricerca sulla concessione dello stemma ad Armando Diaz nominato, dopo il conflitto, primo Duca della Vittoria per iniziativa di Re Vittorio Emanuele III.
Armando Diaz, il passato remoto della sua famiglia
Una tradizione di appartenenti alle forze armate sin dai tempi del Regno borbonico Delle Due Sicilie. Ma furono anche giuristi e amministratori locali. Così, nel salone della Biblioteca, la storia della famiglia Diaz si è dipanata, nome per nome, in una sequenza genealogica mai vista prima. Un duro lavoro di ricerca tra l'Archivio di Stato di Napoli e i preziosi faldoni delle diocesi e degli uffici parrocchiali che riportano i nomi di tutte le nostre famiglie dai secoli più lontani. Interessati, in questo studio, gli archivi delle città di Napoli, Porto Ercole e della Diocesi di Pitigliano.
Il professor Fabio Cassani Pironti ha investito tre anni della sua vita professionale per arrivare a questo risultato, lui docente di Cerimoniale alla Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno del Ministero dell'Interno e docente di Diritto Nobiliare, Scienze Araldiche e Cerimoniale all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Così è venuto fuori un Francesco Andrea Diaz, nel 1741 sindaco di Porto Ercole, centro nevralgico di quello che era lo Stato dei Reali Presidi di Spagna, territorio difeso da una serie di fortilizi nonché avanguardia in Toscana dei Borbone.
Negli archivi della Diocesi di Pitigliano, il professor Cassani Pironti ha ritrovato i documenti di Cresima dei figli di Francesco Andrea, Giuseppe e Gioacchino. Il primo dei due fece parte del Reggimento di Fanteria Anversa (altro particolare inedito), probabilmente parte di quella che era l'Armata delle Fiandre, costituita in origine da re Filippo II di Spagna nel 1567, di stanza tra il XVI e il XVII secolo nei Paesi Bassi.
L'umanità e l'essere presente in prima linea di Armando Diaz: l'esercito rivoluzionato
Capo di Stato Maggiore dall'8 novembre 1917, a causa della rimozione del Generale Cadorna dopo la sconfitta di Caporetto, Armando Diaz operò una vera e propria rivoluzione nell'organizzazione delle Forze Armate. Gli ufficiali dovevano essere più presenti sul campo, vivere più a stretto contatto con le truppe, condividerne i pasti e i disagi. L'addestramento doveva essere più efficiente ed era necessario potenziare la produzione bellica del Paese per dotare l'esercito di mezzi più moderni ed efficienti.
Diaz aveva già messo in pratica questi principi nella Guerra di Libia nel 1911, sempre avanti con i soldati quando era al comando dell 93° Reggimento Fanteria, momento in cui fu anche ferito.
Nello stesso Prima Guerra Mondiale, Diaz si distinse, da maggio a settembre del 1917, al comando del XXIII Corpo d'Armata sul Carso, senza mai restare indietro rispetto alle truppe.
Da Capo di Stato Maggiore, il generale snellì il Comando Supremo rendendolo più efficiente con una vera organizzazione di squadra, di gruppo. Diaz tenne direttamente rapporti con il Re, il Governo e i maggiori esponenti politici. Inoltre restituì competenze al ministero della Guerra e al Comando Territoriale del Corpo di Stato Maggiore. Fu sviluppato e riformato il servizio degli ufficiali di collegamento per avere un controllo maggiore della situazione sul campo e sull'operato dei comandi che erano responsabili delle grandi unità armate.
Il rapporto con la parte politica non rese Armando Diaz passivo rispetto alle scelte o pretese altrui, semmai il contrario. Inoltre, era ancora meno sensibile alle pressioni dei comandanti alleati, inglesi e francesi, a cominciare dal generale francese Ferdinand Foch, che avrebbero voluto mandare gli Italiani continuamente all'attacco in modo da distrarre Tedeschi e Austriaci dal fronte europeo occidentale.
Diaz preferì la riforma della macchina bellica italiana e controllare il nemico tanto che, fino all'ottobre del 1918, evitò grandi operazioni d'offensiva. La sconfitta di Caporetto richiedeva una piena riorganizzazione e un forte ammodernamento del materiale disponibile, dalle truppe sul campo fino alla forza aerea.
Si fece ricorso a mezzi come autoblindo (operative in gran numero) e veloci unità motorizzate dotate di mitragliatrici. Fu avviata la produzione di carri armati. Si diede vita al Comando Supremo Aeronautico per coordinare al meglio le azioni con l'esercito a terra. Inedita innovazione tattico-organica, anche rispetto agli alleati e ai nemici, fu la costituzione del corpo d'armata d'assalto su due divisioni.
In tutto questo, il generale diede grande impulso al Servizio informazioni creando anche gli uffici ITO d'armata, Informazione Truppe Operanti e gli ufficiali P (Propaganda) che, anche mediante rappresentazioni pittoriche dal fronte, dovevano alimentare lo spirito patriottico, risollevare il morale delle truppe e della popolazione.
Per quanto riguarda i soldati, venne stabilito un rigido e doveroso rispetto dei turni di riposo, cosa che prima non avveniva, sfruttando un preciso regime di avvicendamento tra reparti in prima linea. Nelle retrovie comparvero le case del soldato, veri centri ricreativi per spettacoli teatrali, cinematografici, gioco di dama, scacchi e tanto altro, tranne i giochi con le carte che Diaz vietò.
Furono garantiti maggiori riconoscimenti, una più equilibrata distribuzione delle ricompense al valore militare tra soldati semplici e ufficiali, premi in denaro a militari in condizioni economiche pessime e largo utilizzo di polizze vita gratuite: bisogna considerare che la popolazione italiana dell'epoca era prevalentemente agricola, carente nell'alfabetizzazione; la partenza di un figlio e/o di un marito, caricava madri e mogli della gestione dei terreni agricoli che non era di certo meccanizzata; bisognava garantire economicamente queste ultime in caso di morte dei familiari al fronte.
In breve, grazie al Generale Armando Diaz, le Forze Armate italiane divennero finalmente un'organizzazione efficiente e moderna per l'epoca, all'altezza di un confronto alla pari con gli altri. Vertice mai raggiunto fino ad allora e non replicato successivamente.