Il serbo Braco Dimitrijevic incontra la tradizione piemontese della pop art, chiamata Arte povera dal critico genovese Germano Celant, curatore dell'unica area tematica di Expo Milano 2015. L'artista l'arricchisce con le nuove tecnologie, la fotografia a colori, le immagini digitali e i video, muovendosi tra casi e imprevisti quotidiani. Per rendersene conto, bisogna visitare la sua mostra alla Gam di Torino, aperta fino al 7 luglio.
Ai media è invece bastata la sua informale conferenza stampa in piedi, con il curatore ed ex direttore Danilo Eccher e la nuova responsabile della Gam e del Castello di Rivoli, Carolyn Christov
Quelli di Braco sono "ready made" originali, come quelli del geniale Duchamp. Ironico come il suo amico artista torinese Giovanni Anselmo, di cui è stata annunciata una personale al Castello di Rivoli. Anselmo è il "poverista" preferito da Beatrice Merz, figlia dell'alfiere torinese del'arte pubblica Mario Merz, anch'egli un tempo amico di Braco. Attualmente, la Merz è curatrice dell'omonima fondazione ed ex direttrice del Museo di arte contemporanea.
Noto per le gigantografie e sculture di persone sconosciute su facciate di palazzi prestigiosi o al centro delle piazze, Dimitrijevic è ora convinto dell'antimonumentalità dell'arte contemporanea. La svolta nel 1970 con l' esposizione all'Aktionismus di Monaco, con gli artisti emergenti dell'arte concettuale e materiale.
Successivamente, l'artista slavo vagabonda tra Amsterdam, Parigi, Londra e Torino. Sotto la Mole, entra nella cerchia di Gian Enzo Sperone. E pensare che da giovane, a Zagabria, voleva migliorare la qualità della vita dell'ex Jugoslavia, abbellendo l'ambiente urbano.
Esempi delle opere in mostra
Provocatore come Cattelan, autore di opere non riuscite e molto discutibili, ma di ben alto spessore artistico, sospeso tra il romanticismo e il surrealismo, Braco si inserisce criticamente nella società della comunicazione e dell'istantaneità digitale che ridefinisce l'arte, ma crea i cosiddetti non luoghi della incomunicabilità, della contingenza e della provvisorietà. La mostra intende ripercorrere la sua carriera artistica da Accidental sculpture, Painting by Kresimir Klika e Sculpture by Tihomir Simcic: un cartoncino di latte schiacciato, un mucchietto di gesso sparso sull'asfalto da due ignari automobilisti e l'impronta lasciata da un pensionato nell'aprire la porta.
Sono immagini valorizzate dallo stesso Braco che chiese agli sconosciuti di firmare i lavori, facendo di un gesto involontario, un "ready made", trasformando in artisti delle persone comuni. Un'anticipazione dell'arte relazionale, è stata definita dai curatori.
Il suo fine è dissacrare il concetto di artista. Lo fanno capire le opere prestate dalla Tate Gallery, dal Louvre, dal Musèe d'Orsay, dal Centre Pompidou e dal Guggenheim. Sono installazioni sia con ritratti di personaggi famosi, sia di grandi intellettuali con animali vivi, frutta e verdura. Enfant prodige, Braco concesse la prima intervista ad un giornale a 5 anni e tenne la prima mostra monografica di cinquanta quadri a olio a 10. Ora di anni ne ha 78, e si ricorda di suo padre, il famoso pittore Vojo, che gli leggeva saggi su Matisse e Cézanne e lo portava a trovare Ivo Andric, premio Nobel per la letteratura, e il filosofo Jean Paul Sartre.
Si parlerà di lui alla Casa del quartiere di San Salvario, a partire da lunedì, con cinque lezioni che spiegano l'arte contemporanea con semplicità e candore, come se si parlasse alla propria nonna, raccontando le opere degli artisti attualmente più in auge, le arti-star, le mostre, le Biennali, le fiere, le performance e le opere pubbliche, interpretate sotto il luccichio implacabile del web.