Borgo d’Autore, kermesse letteraria giunta ala sua seconda edizione, anche quest’anno ha ospitato lungo le vie del centro storico di Venosa (Potenza) un gran numero di scrittori che, oltre ad apprezzare le bellezze storiche del centro lucano, si sono resi protagonisti di presentazioni e interviste e incontri coi lettori per quattro giorni, dall’1 al 4 giugno. Era presente, fra gli altri, Fulvio Gatti (torinese, classel 1983) autore del saggio "I nerd salveranno il mondo", uscito per i tipi della Las Vegas edizioni nel gennaio 2017.
Nelle pagine del testo l’autore discute le ragioni che hanno portato alla ribalta intere generazioni di nerd, ieri derise e sbeffeggiate, oggi rispettate e richieste da editori, sceneggiatori e organizzatori di eventi. Di seguito, un’intervista che l’autore ha voluto rilasciare per Blasting News.
Fulvio Gatti, iniziamo da una questione linguistica: fra i dizionari online maggiormente consultati alla parola nerd assegnano significati che attengono ad una concezione passata, ormai desueta, almeno stando all’evoluzione raccontata dal tuo saggio. Vi si leggono definizioni del tipo: "sfigato, nullità, secchione, persona ossessionata dal computer e dalle nuove tecnologie" (Garzanti Linguistica) oppure "tipo umano, spec. giovane, poco portato per la mondanità, la socializzazione e lo sport, che trova soddisfazione e riscatto negli studi, soprattutto nell’informatica" (Dizionari Repubblica). E ancora: "giovane di modesta prestanza fisica e dall'aspetto insignificante, che compensa la scarsa avvenenza e le frustrazioni che ne derivano con una passione ossessiva e una notevole inclinazione per le nuove tecnologie" (Wikipedia). Per te, in definitiva, chi sono i nerd? E quali le differenze tra nerd, geek, couch potato?
Nel libro mi sono permesso di scegliere una parola, nerd, in parte sinonimo delle altre due che citi, attribuendole contorni ideali e generazionali.La connotazione positiva è legata al fatto che film, libri, autori e temi che riconduco alla cultura Nerd fanno parte di un immaginario vivo e contemporaneo, nato da una stagione produttiva fortunata e irripetibile, oggi popolarissima.
"Niente panico", "42", "Che la forza sia con te" sono modi di dire che, al pari della cosiddetta “cultura generale”, necessitano di un bagaglio comune di conoscenze e di riferimenti. Si può, anche partendo da queste tre citazioni ricorrenti nel tuo testo, parlare di Cultura Pop, oppure rimangono ancora oggi una conoscenza condivisa solo da una ristretta cerchia di utenti?
Ci sono vari gradi di nerdismo e popolarità della singola saga o autore. Star Wars persiste perché ha un grande potere economico dietro. Douglas Adams ha invece ancora molti estimatori legati al passaparola, e al collegamento per esempio con Doctor Who.
Nel tuo testo si parla di “rivoluzione nerd”. Qualunque caso di rivoluzione nella storia è intervenuta anche sul campo linguistico, per creare una grammatica, una retorica e un orizzonte in cui è facile riconoscersi. Oggi nella cultura nerd esiste già una lingua, e un linguaggio, comuni (al di là di internet), come racconti nel tuo viaggio in Ungheria?
C’è una lingua franca, per quanto riguarda Star Wars, anche grazie alla potenza visuale e design inconfondibile della serie.
Quello che manca è la coesione del mondo nerd, suddiviso in generazioni, giustamente orgoglioso delle proprie radici. Il vantaggio è che oggi, per incidente storico positivo, il “resto del mondo” è curioso su di noi e il nostro immaginario. Per questo è vitale “aprirsi” e raccontare quello che siamo, con ironia e consapevolezza che si tratta di storie di intrattenimento, per quanto per noi importanti.
Dopo il cinema della grande distribuzione, la serie televisive, gli eventi e le fiere, ora anche l’editoria si interessa al mondo nerd. Al di là della qualità dei titoli pubblicati, quali sviluppi prevedi? Ritieni che si possa sviluppare un filone anche editoriale per il grande pubblico, oltre alle pubblicazioni per “addetti ai lavori”?
È auspicabile, vedi sopra!
E sta già succedendo. E, avendo esperienza editoriale (editor, traduttore…), non mi dispiacerebbe affatto occuparmene. Ma non dipende solo da me, deve crearsi l’occasione giusta.
Una parte interessante del tuo saggio illustra come si costruisce una storia e come si tratteggiano i contorni dei personaggi, specie degli eroi. A giusta ragione, insisti molto sul concetto di empatia col personaggio: al di là della reiterazione della struttura tematica, ritieni decisiva la fidelizzazione con la storia e il personaggio seguendone la bildung, l’evoluzione (in positivo o in negativo) di un carattere, anche scandagliando l’aspetto psicologico. Puoi spiegarci come si realizza questa serialità? E quanto alto è il grado di affezione del pubblico? E quale credi sia l’eroe più ampio, più completo dell’immaginario nerd?
Parto dal fondo: il decimo Dottore scritto da R.T.
Davies in Doctor Who è sicuramente il più contemporaneo, eroe di conoscenza, che dialoga con il mostro e cerca di capirlo prima di, eventualmente, distruggerlo (perché minaccia innocenti). Ma forse in effetti la serialità contemporanea predilige visioni corali e una serie di verità parziali: vedi Il Trono di Spade. Meno “eroi” e più “personaggi”. Sul come, gli autori e opere migliori della Cultura Nerd sono ciascuno a suo modo una risposta alla tua domanda.
Nel tuo libro hai scritto: "La più grande trappola per tutti i nerd, consapevoli o meno, si chiama infatti nostalgia. Il punto è riconoscere in questo immenso calderone, tutto ciò che fece breccia dentro di noi in modo speciale, e non solo perché all’epoca eravamo più ricettivi a ogni novità". Si può, pertanto, parlare di un effetto nostalgia per una determinata generazione. Questo sentimento è paragonabile a quello che alcuni vivono nei riguardo della musica, per esempio il Rock?
Proprio così!
Ma io ci sono arrivato dopo aver pubblicato il libro, toccherà scriverne un altro...
Nel testo è sottaciuto il sogno, condiviso da molti di voi nerd, di essere finalmente presi sul serio. Vorresti che questa cultura divenisse un canone? E se sì, quale credi debba essere il compromesso per entrare di diritto nella tradizione della cultura ufficiale?
Non ne sono certo, i monumenti allontanano e la canonizzazione uccide le culture vive. E c’è da tenere in considerazione la legge di Sturgeon: il 90% del materiale, nerd o meno, è fuffa. Di certo, per chi lavora nel settore nerd e desidera, come me, portarlo all’attenzione del resto del mondo intellettuale ed economico, adeguarsi a quegli standard di linguaggio e professionalità nel presentarsi dovrebbe essere cosa buona.
Ma io sono un maledetto mod, metto giacca e camicia e appartengo a quel 2% di trentenni senza barba, sono un po’ strano...
William Gibson, autore di Neuromancer e creatore del cyberpunk, in un’intervista del 1994 dice: "Penso principalmente al mondo che descrivo nei miei romanzi come ad un tipo di riflesso impressionista della realtà contemporanea. Ho sempre respinto l'idea che la fantascienza potesse avere una particolare capacità predittiva". A distanza di vent’anni da queste parole, nel panorama della science-fiction credi che sia cambiato qualcosa? Il futuro è dentro di noi, del resto, è anche il titolo di un paragrafo del tuo saggio.
È successo che nella nostra vita quotidiana abbiamo a che fare con tecnologie inimmaginabili fino a 20 fa, se non meno.
Sto editando un file doc digitando sullo schermo del mio telefono cellulare. La fantascienza, in un certo senso, è stata ampiamente superata.
Marcus Hutchins, ragazzo britannico di 22 anni, che abita coi genitori e il fratello più piccolo, è l’eroe moderno che lo scorso maggio ha letteralmente salvato il mondo dal più imponente attacco hacker su scala mondiale mai registrato prima. Appassionato di Pokémon, restìo all’accademia (non ha mai frequentato una lezione all’università) ed autodidatta: la profezia suggerita dal titolo del tuo libro si è già compiuta?
Penso lui sia “semplicemente” un ragazzo brillante, nerd perché è attualmente la cultura in cui è cresciuto. Ma è un bellissimo accostamento e un ottimo auspicio per il futuro!