Martedì 24 aprile ha debuttato sul palcoscenico del Teatro Carignano di Torino 'Qualcuno volò sul nido del cuculo', spettacolo diretto da Alessandro Gassman e prodotto da Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini. Le repliche torinesi, ennesima tappa di una tournée che ha avuto inizio nel 2015, proseguiranno fino a domenica 6 maggio.
Lo spettacolo: regia e interpreti
Gassman dirige con sensibilità e talento un'opera meravigliosa, che tanto successo ha riscosso nel mondo fin dalla sua prima apparizione, sotto forma di romanzo, a inizio anni Sessanta.
Un'opera coraggiosa e intensa, che affronta con spietato realismo la tematica dei 'manicomi-lager', luoghi di orrore, di violenza fisica e psicologica, di dinamiche perverse e sofferenza indicibile. Rendere giustizia a questo capolavoro non è semplice, e altrettanto arduo è riuscire a reggere il confronto con le precedenti versioni che, in diversi ambiti artistici, ne hanno dato altri grandi autori. Gassman supera l'ardua sfida e ci regala un'allestimento teatrale di tutto rispetto, che commuove ed emoziona il pubblico, provocando risate e lacrime, tenerezza e indignazione, nonché un sentitissimo e spontaneo applauso che prorompe durante una bellissima, toccante scena collettiva.
Il protagonista
Daniele Russo, nei panni del protagonista Dario Danise, porta sul palcoscenico un personaggio vivace, frizzante, intenso, 'spaccone' e sensibile, duro e tenero al tempo stesso. Un personaggio sfaccettato, ricco di risvolti divertenti, comici, ma capace di rivelare una profonda tenerezza e di subire radicali evoluzioni nel corso della vicenda: esordisce in scena con l'atteggiamento sbruffone e superficiale del 'galletto di provincia', sicuro di sé, prepotente, dedito alla sopraffazione e allo sberleffo. A fine spettacolo ci troveremo di fronte a un uomo completamente diverso e nuovo, che ci commuove con il suo incrollabile attaccamento ai propri compagni, con una rara, toccante solidarietà e con il profondo senso di amicizia che in più occasioni dimostra: un climax emotivo e di crescita personale suscitato certo dalle circostanze, ma reso possibile da un'indole sensibile, al di là di ogni iniziale apparenza.
Ottima l'interpretazione di Elisabetta Valgoi nei panni della perversa Suor Lucia, unico personaggio femminile di spicco all'interno dello spettacolo e figura ai limiti del demoniaco. Una donna spietata, gelida, terribile nell'apparente calma e pacatezza che la contraddistingue, incapace di sentimenti autentici, passivo-aggressiva nelle dinamiche relazionali che porta avanti con i pazienti internati. Forse, come afferma il protagonista, l'unica vera pazza in quel luogo di pazzi. L'attrice riesce a farci detestare visceralmente il suo personaggio: scena dopo scena, dialogo dopo dialogo, Suor Lucia giunge a suscitare nel pubblico un odio incontenibile, un senso di disprezzo che appare inevitabile dinanzi a questo personaggio diabolico, mascherato dietro un'apparenza di placida santità e di disinteressato altruismo, di sacrificio e di dedizione al prossimo.
Unica pecca dell'interprete, la tendenza a ridurre eccessivamente il tono di voce al termine di alcune frasi, che inevitabilmente provoca nel pubblico la fastidiosa sensazione di perdersi qualche pezzo.
Lodevoli anche le interpretazioni degli altri attori, che portano in scena lo strampalato gruppetto di internati del manicomio, dando vita a un teatrino di personaggi vivacissimi e coinvolgenti, che ci fanno ridere e piangere con la loro stravaganza e la loro valanga di problemi esistenziali. Insomma, un cast davvero apprezzabile.
Da sottolineare anche la bellezza delle scenografie, che riescono a creare un'atmosfera patinata, lontana, evocativa, e l'impressione di trovarsi di fronte a un piccolo universo staccato dal resto del mondo: una realtà in sordina, che timidamente si nasconde agli occhi della gente 'comune', troppo fragile per sopravvivere agli ingranaggi della realtà dominante.
Dalla letteratura, al cinema al teatro: storia di un'opera fortunata
Nel 1962 lo scrittore Ken Kesey, esponente della controcultura statunitense, divenne celebre grazie alla pubblicazione del romanzo 'One flew over the Cuckoo's nest' (Qualcuno volò sul nido del cuculo). La vicenda narrata da Kesey era ambientata in un ospedale psichiatrico dell'Oregon e costituiva una chiara denuncia del fenomeno manicomiale, una più che giusta critica nei confronti dei metodi barbari utilizzati all'interno di queste terribili strutture: luoghi teoricamente destinati alla riabilitazione dei malati psichiatrici all'interno di un contesto protetto e in vista di una futura reintegrazione sociale, ma nella pratica teatro di violenze e di negazione dei diritti dei pazienti, a partire dal diritto alla dignità umana.
Nel 1963 il drammaturgo Dale Wasserman scrisse per Broadway un adattamento teatrale del romanzo di Kesey e nel 1975 Milos Forman (regista, sceneggiatore e attore ceco) realizzò la versione cinematografica dell'opera, riscuotendo enorme successo di pubblico e di critica anche grazie alle bellissime interpretazioni di Jack Nicholson, Louise Fletcher e Danny De Vito.
Per il suo spettacolo Gassman ricorre a una versione attualizzata del testo di Wasserman, grazie all'adattamento realizzato dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, che ambienta la vicenda nell'Ospedale giudiziario psichiatrico di Aversa nel 1982.