Fra le borchie e i lustrini dei roboanti concerti che scandiscono la storia del film non ci si sarebbe aspettati un riferimento allo scrittore austriaco di inizio Novecento Robert Musil. Invece, alla conferenza stampa al Lido il 4 settembre per la 75^ Mostra del Cinema di Venezia, il giovane regista statunitense Brady Corbet dichiara di essersi ispirato per la sua ultima pellicola "Vox Lux" a Robert Musil, precisamente "allo stile sardonico dell'autore de "L'Uomo senza qualità" imitato per descrivere fatti contemporanei".

Forse questo ci spiega che la vecchia Europa esercita il suo fascino tuttora in qualche parte della cultura d'oltreoceano, ma, certamente, le similitudini risiedono nell'innesto del racconto sul conflitto armato, la Prima Guerra Mondiale per Musil e i paurosi attentati terroristici, dalle Torri Gemelle ai kalashnikov contro civili inermi, dell'inizio degli anni Duemila. "Vox Lux" è stato presentato come il "ritratto del XXI secolo" che non mitiga inquietudini e violenze del passato. Protagonista è una splendida Natalie Portman, premio Oscar nel 2010 per "Il Cigno Nero", nei panni questa volta di Celeste, la ragazzina scampata alla furia omicida di un folle e che diverrà una celebre Pop Star.

Il successo come un tunnel

Celeste (Natalie Portman) è già risorta una volta ma questo non le basta per essere totalmente grata al suo destino. Ha una figlia a poco più di 30 anni, la giovanissima attrice Raffey Cassidy che è anche Celeste da adolescente, una sorella impersonata dalla brava Stacy Martin, un pubblico da 30mila fans. Eppure il motivo ricorrente del lungometraggio è il tunnel, un incubo che inghiotte un trauma mai del tutto superato, lacerazioni familiari, interessi manageriali colossali ed il contrastato rapporto con i giornalisti. Il film è concitato e luccicante oltre che permeato da infarciture spirituali, da una radicata educazione religiosa delle due sorelle ad un misterioso "patto con il diavolo" per sopravvivere.

Il XXI secolo nei suoi frastagliati aspetti è impacchettato in confezione regalo, ma non per definire una pedagogia o richiamare ad un messaggio. Regista ed attori sono stati concordi nel definire il film esclusivamente un prodotto artistico, una "favola" che potrebbe, però, essere utile per riflettere insieme. Un aspetto rilevante nell'omaggio di Corbet al Novecento è l'utilizzo dei 35 millimetri, la misura più comune della pellicola per ripresa e proiezione che esclude il ricorso al digitale. "Per questa mia scelta - ha affermato il regista - mi avvalgo spesso di una metafora collegata alla distinzione fra pittura ad olio e ad acqua. In entrambi i casi i risultati possono essere soddisfacenti e l'utilizzo di una tecnica o dell'altra può essere dettata da dinamiche contingenti". Il film lo dice chiaramente attraverso alcune battute centrali di Celeste: guardi al passato se nel presente incontri qualcosa di importante da far crescere nel futuro.