Aspettavamo questo nuovo film di Roberto Andò come si aspetta qualcosa di nuovo da un amico - in asse cinematografico - che sappiamo essere talentuoso cineasta indipendente artisticamente e nelle scelte politiche. L'attesa non è stata vana, giacché dinanzi ai nostri occhi si è disvelato un intreccio pieno di riferimenti culturali e letterari che ha ben mescolato contenuti dissimili: il thriller, l'impasto politico, il grande tema rilkiano della "verità-finzione".

Trama della pellicola di Roberto Andò

In una casa cinematografica lavora Alessandro Pes - Alessandro Gassman - uno sceneggiatore di successo che è preso più dall'effimero che dal duro mestiere della scrittura: donne, alcool e svaghi. Valeria (Micaela Ramazzotti), segretaria dell'azienda, in realtà è la vera e propria "scrittrice-fantasma" dei film. Un giorno, la donna viene avvicinata da un funzionario di polizia in pensione - Renato Carpentieri - che le fornisce la trama di una pellicola. Valeria - per amore di Alessandro e per soldi - ne realizza un soggetto che, però, si rivela pericoloso: la narrazione è ispirata ad un fatto realmente accaduto, ovvero il furto della Natività di Caravaggio nell'ottobre del 1969, che sarebbe stato commissionato dalla mafia.

Tornando al lavoro cinematografico di Andò, la vicenda diventa ben presto piuttosto rischiosa: la casa cinematografica è assistita economicamente da un prestanome della mafia. "Pirandellianamente", Cosa Nostra vuole sapere chi ha scritto la sceneggiatura, e così Pes viene rapito e ridotto in fin di vita, ma nonostante ciò non fa il nome di Valeria. In tutto questo bailamme, s'inserisce il tentativo dei mafiosi di vendere allo Stato italiano la vera tela per soldi su un fascicolo nascosto dei servizi segreti.

In quest'ultima fase, entra in gioco anche la madre di Valeria, Amalia - interpretata da Laura Morante - che svolge anche lei l'attività di scrittrice fantasma per il ministro della cultura.

Insomma, una sorta di "tragedia greca" aggrovigliata come un romanzo di Sciascia. Inevitabile chiedersi se ci sarà anche il "Deus ex machina" finale che sbriglierà questa matassa politico-istituzionale-cinematografico e amorosa. Arriverà dunque un colpo di scena conclusivo sul modello delle commedie di Menandro per rafforzare quest'assunto?

Il film è consigliabile perché si muove su più piani, anche se in realtà cerca di rispondere ad una domanda che aleggia fin dai primi fotogrammi: la verità è necessaria? Sì è necessaria, ma a volte la finzione - sia umana che cinematografica - ci salva nel dispiegarsi di vite, interessi contrapposti e vecchie ferite del passato di difficile rimarginazione.