In Italia agosto è il mese tipicamente dedicato alle vacanze, ed in questo 2016 anche l'indice delle contrattazioni di borsa si è dato poco da fare nella ricerca di una direzione da prendere. Dopo essersi parzialmente ripreso dallo scossone assestato dalla Brexit, il Ftse Mib ha abbandonato quota 15.000 fatta registrare a fine giugno e da metà luglio scambia in un range compreso tra i 16.000 ed i 17.000 punti base.
Non tutti i settori industriali si sono però comportati allo stesso modo. Bene gli industriali e le telecomunicazioni, male invece le utilities, le assicurazioni ed i servizi finanziari. Le banche, decisamente tra i titoli più volatili del mese, crescono rispetto ad inizio mese ma sono ancora ben lontane dal recuperare pienamente le quotazioni precedenti all'annuncio della Brexit.
Nell'ultima seduta del mese di agosto, il Ftse Mib chiude in positivo con un +0,31%. Positivo anche l'Ibex spagnolo (+0,36%). Chiudono invece in negativo il Cac francese (-0,43%) ed il Dax tedesco (-0,61%), anche se la borsa tedesca ha già raggiunto i livelli pre-Brexit.
A brillare a Piazza Affari sono ancora i titoli bancari: Intesa con un +4,21%, Unicredit +3,50% e Banco Popolare +2,10%. In negativo invece A2A (-1,49%), Yoox (-1,51%) e Tenaris (-2,53%).
Cambi e materie prime
Ben più volatile è stato il mese di agosto per i cambi e le materie prime. Il cambio eurodollaro ha toccato quota 1,105 ad inizio mese, ma è poi schizzato a punte di 1,135 poco dopo la metà di agosto. L'autunno si preannuncia caldo per la situazione politica europea, e per il possibile rialzo dei tassi negli USA, fattori che hanno riportato il cambio attorno ad 1,1150. Il Brent, benchmark europeo del petrolio, dopo aver iniziato il mese al di sotto dei 42 dollari al barile è salito sino ad oltre 50 dollari, salvo poi ritornare ai 47,20 dollari della seduta odierna a causa dei timori di un nuovo eccesso di offerta. I timori sono surrogati dai dati delle scorte da poco rilasciati dall'EIA che vendono crescere sia le scorte di greggio che quelle dei combustibili.
L'oro invece storna dai massimi raggiunti successivamente alla Brexit e, senza troppi scossoni, passa dai 1.364 agli attuali 1.311 dollari per oncia, tuttavia ancora ben lontano dai minimi segnati a giugno con 1.210 dollari per oncia.