Le dichiarazioni del ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini al Meeting Comunione e Liberazione di Rimini, a proposito della questione delle supplenze, non sono certo passate inosservate ai sindacati ed, in modo particolare, all'Anief che, attraverso un comunicato stampa, ha risposto subito per le rime al responsabile del Miur. Si è parlato delle supplenze come di un 'batterio da estirpare, come di un agente patogeno', etichettandole come qualcosa di spregevole e da eliminare al più presto, quasi come se la colpa si debba quasi addossare alle migliaia e migliaia di precari che aspettano di ottenere la cattedra, molti dei quali (sono quasi novemila) addirittura quali vincitori di un concorso svoltosi più di due anni fa. L'Anief risponde semplicemente che le supplenze esistono perchè nell'ultimo decennio (e qualche anno addietro) non è stato rispettato il turn over: infatti, secondo quanto calcolato dal sindacato, dal 2001 sono andati in pensione 295.200 insegnanti e, secondo il numero delle immissioni in ruolo effettuate, ci sarebbe una marcata differenza di quasi 50mila assunzioni.

Miur, scuola, docenti precari e supplenze: gli 'antibiotici' mai usati per combattere il 'batterio'

Non parliamo poi dei dati relativi al 'batterio', ovvero le supplenze, che, sempre considerando il periodo che va dal 2001 al 2014, sono state coperte da oltre un milione di insegnanti precari, per l'esattezza da 1.241.281 docenti, un numero a dir poco impressionante. Non a caso, dunque, la Corte Suprema dell'Unione Europea non ha esitato a condannare l'atteggiamento del governo italiano che si è affidato troppo, in tutti questi anni, al precariato, mentre in realtà le immissioni in ruolo di migliaia di docenti avrebbero trovato la loro piena giustificazione.  L'Anief, inoltre, fa presente che le spese per il personale a tempo determinato sono aumentate (dal 2007 fino ad oggi) del 68 per cento, per l'esattezza si sono spesi 348 milioni di euro in più. Ci si chiede come mai, in tutti questi anni, si sia continuato a dare da mangiare al 'batterio' anzichè combatterlo con i giusti 'antibiotici' ovvero i contratti a tempo indeterminato.