Proseguono incessantemente le discussioni politiche e pubbliche intorno al tema riforma Pensioni. Ormai siamo al 4 settembre e mancano davvero pochi giorni alla riapertura del cantiere previdenziale, la data della ripresa dei lavori è fissata al 9 settembre prossimo in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati. Molti lavoratori, che da tempo stanno seguendo il susseguirsi delle varie dichiarazioni rilasciate da più esponenti di spicco, sperano che mercoledì possa essere l'inizio della svolta atta a riformare il rigido sistema pensionistico italiano.

Le ultime dichiarazioni sono quelle rilasciate da Pier Paolo Baretta che, intervistato al Corriere della Sera, ipotizza un modo per conciliare flessibilità e conti pubblici. Si potrebbe, suggerisce, andare nella direzione di un taglio dell'assegno progressivo legato al reddito oppure verso una flessibilità graduale. Cerchiamo di comprendere cosa comporterebbero ai lavoratori queste due nuove ipotesi.

Ultime novità al 4/9 su riforma pensioni, Baretta: tagli progressivi e flessibilità graduale, i dettagli

Il sottosegretario all'Economia non ha dubbi sull'importanza di concedere la flessibilità nella prossima Legge di Stabilità, e dice, intervistato dal Corriere della Sera, 'Nel medio-lungo periodo, rendere flessibile l’età della pensione porterebbe lo Stato non a spendere di più ma a risparmiare'.

Anche perché specifica Baretta, del quale parafrasiamo le parole, chi decidesse di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro andrebbe in pensione con un assegno più basso per tutta la vita. Quindi concedere flessibilità significherebbe agire in modo lungimirante e pensare in un'ottica futura ai risparmi che ne conseguirebbero per il bilancio pubblico. Anche questa precisa Baretta è 'spending review'.

Anche se vi sarebbero nell'immediato dei costi per lo Stato per sostenere la flessibilità, si potrebbe ipotizzare, prosegue il sottosegretario all'Economia, a misure che garantiscano un 'equilibrio di sistema', che siano quindi sostenibili per lo Stato e non troppo penalizzanti per il lavoratore.

Ad esempio, si potrebbe ipotizzare un legame tra taglio dell'assegno pensionistico e livello di reddito, precisa: 'se prendi una pensione da 1.500 euro, dico per dire, ti taglio il 2%, se ne prendi 2.500, a parità di altre condizioni, ti taglio un pò di più'.

In alternativa, prosegue Baretta, si potrebbe pensare a concedere una flessibilità in modo graduale, ad esempio, parafrasiamo le sue parole, si potrebbe iniziare a concedere dal 2016 la possibilità di uscire con un anno di anticipo, nel 2017 gli anni potrebbero essere due, nel 2018 si potrebbe consentire l'uscita anticipata fino a tre anni di anticipo e così via. 

Potrebbe essere questa la soluzione verso cui propenderà il Governo Renzi?