Come spesso accade, le giornate di fine settembre e inizio ottobre, quelle che anticipano la stesura della legge di stabilità, sono sempre particolarmente convulse: sul fronte della riforma delle pensioni Renzi e l’introduzione della flessibilità in uscita, nella giornata di ieri c’è stato soprattutto l’intervento congiunto dei sindacati confederali che hanno proclamato dieci giorni di mobilitazione per chiedere un intervento concreto sul fronte previdenziale.
Si partirà il 5 ottobre e si concluderà il 15 ottobre, quando i giochi dovrebbero essere fatti; le richieste sono sempre le stesse, più o meno dall’approvazione della legge Fornero in poi: in primo luogo, si chiede di sanare tutti gli errori compiuti dalla ‘leggerezza’ con cui la materia è stata trattata nella riforma Pensioni attualmente in vigore, e cioè varare la settima salvaguardia per gli esodati, risolvere la questione incresciosa dei Quota 96 della scuola e dei macchinisti; in secondo luogo, si chiede una soluzione per i cosiddetti ‘precoci’; infine, si chiede un impegno concreto in favore di una maggiore flessibilità che penalizzi il meno possibile il lavoratore vicino alla pensione.
Nel frattempo, è intervenuta sull'argomento Titti Di Salvo, deputata del PD e membro della commissione Lavoro alla Camera.
Flessibilità solo con il contributivo: ultime news riforma pensioni 2015 del governo Renzi
Le parole di Titti Di Salvo sono molto importanti, probabilmente, per cogliere la linea che il governo Renzi intende seguire per quanto riguarda la riforma delle pensioni 2015-2016. La deputata del PD ha analizzato tutte le questioni più importanti, sottolineando in primo luogo la necessità di risolvere una volta e per tutte la vicenda degli esodati: il governo avrebbe preso la decisione di affrontarlo in maniera strutturale e definitiva. Insomma, sembra che non sia tra le idee dell’esecutivo l’approvazione della settima salvaguardia, in quanto rappresenterebbe l’ennesima misura di compromesso.
Sul versante dell’opzione donna, la deputata è assolutamente convinta che anche in quella direzione si debba lavorare ad un provvedimento che sia realmente strutturale, l’auspicio è che il governo Renzi tenga conto della situazione specifica che vivono molte donne nel dover conciliare lavoro, vita e attività di cura. Sul tema della riforma strutturale delle pensioni, le idee messe in campo sono due: la prima riguarda una flessibilità in uscita in connessione con la tipologia di lavoro che si svolge, dal momento che ci sono attività più o meno usuranti; la seconda, ma si tratta soltanto di un’ipotesi molto vaga, riguarderebbe la possibilità di coinvolgere le aziende nel processo di flessibilizzazione delle pensioni.
Nell’analisi svolta dalla deputata, ad un certo punto, si dice anche che la flessibilità è un qualcosa di insito nel sistema contributivo, infatti la somma totale dei contributi versati va suddivisa calcolando il momento dell’uscita dal lavoro e dividendo per la presunta aspettativa esistenziale che in un dato momento il dato lavoratore possiede. Insomma, un aspetto sembra essere chiaro: la via maestra per la flessibilità potrebbe essere soltanto il passaggio al contributivo, in quanto la somma non cambia se divisa per un numero maggiore o minore di anni. L’ipotesi di Tito Boeri, avversata da tutti, potrebbe diventare realtà, e, se non lo diventerà a causa di ragionamenti di carattere elettorale, sembra diventare sempre più evanescente la possibilità che vi sia, in tempi brevi, una qualche misura di maggiore flessibilizzazione del sistema previdenziale.
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