Una categoria di lavoratori diversa dalle altre è quella del Pubblico Impiego, i cosiddetti statali. In questi ultimi mesi, il mondo dei lavoratori pubblici sta vivendo un processo di cambiamento per via della Riforma della Pubblica Amministrazione, della riduzione dei Comparti e del rinnovo degli stipendi dopo la sentenza della Consulta. Per evitare che queste incertezze, per così dire strutturali, creino dubbi anche per coloro che devono andare in pensione o sono vicini all’uscita dal lavoro, vediamo di fare chiarezza sulle possibilità di pensione oggi per questi lavoratori.

Niente più trattenimento in servizio?

Alcuni interventi normativi, il DL 101/2013 e quello 90/2014 e la circolare della Funzione Pubblica del 2015 hanno modificato le regole per la pensione degli statali, relativamente alla risoluzione obbligatoria o facoltativa del rapporto di lavoro. Infatti, nel Pubblico Impiego, il raggiungimento di determinati requisiti contributivi e di età da parte del lavoratore, offre la possibilità al datore di lavoro (in questo caso un Ente Pubblico o simile), di collocare il lavoratore in pensione in maniera unilaterale. Questo significa che la vecchia normativa, quella che permetteva al lavoratore di usufruire del trattenimento in servizio per un biennio, dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione, non sono più applicabili.

Questo, in netto contrasto con quanto prevedeva la Fornero che, per consentire agli statali, di migliorare economicamente il proprio assegno pensionistico, consentiva di restare in servizio fino a 70 anni.

In parole povere, coloro che nel corso del 2016 raggiungeranno 66 anni e 7 mesi di età, oppure 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne 41 anni e 10 mesi), insieme a 65 anni di età, saranno collocati in pensione in maniera unilaterale, cioè d’ufficio. Proprio il raggiungimento di 65 anni di età, consente alle Amministrazioni Pubbliche di collocare il lavoratore in pensione anticipata oltre che per aver raggiunto il requisito massimo contributivo previsto oggi, come dicevamo, 42 ani e 10 mesi, ma anche se al 31 dicembre 2011, questi lavoratori si trovassero ad aver raggiunto la famosa quota 96.

Risoluzione facoltativa da motivare

Altra facoltà concessa dal quadro normativo vigente, alle Amministrazioni Pubbliche è concessa la risoluzione facoltativa del rapporto di lavoro. Per esigenze organiche che devono essere comunicate al lavoratore insieme alla proposta di risoluzione del rapporto di lavoro, con 6 mesi di preavviso, il datore di lavoro può mandare in pensione i dipendenti con discreto anticipo. Infatti, rientrano in questa casistica coloro che compiono 62 anni, che hanno già raggiunto il limite massimo dei contributi o 40 anni maturati prima del 2012, che non rischiano di subire penalizzazioni di assegno pensionistico per via dell’anticipo, quindi con decorrenza della pensione a dopo il 2017.

In parole povere, possono essere pensionati in anticipo per motivi organici dell’Ente Pubblico per cui lavorano, a partire dai 62 anni e senza dover attendere la fatidica soglia dei 65, quella utile al raggiungimento del limite ordinamentale per la permanenza in servizio.