"Il Governo non ha inteso finora aprire un confronto sul tema delle Pensioni, come richiesto per ultimo dai segretari generali al Presidente del Consiglio": è questa la motivazione con la quale le tre principali sigle sindacali del Paese, riunite in una piattaforma unitaria, hanno deciso di proclamare una nuova mobilitazione per il prossimo 2 aprile 2016. Sale quindi la pressione sull'esecutivo per l'avvio di una riforma del settore previdenziale che possa finalmente prevedere dei meccanismi di uscita dal lavoro flessibili e soprattutto strutturali, un cambio di paradigma rispetto agli ultimi anni dove i prepensionamenti sono stati legati a misure di salvaguardia ad hoc, concentrate su situazioni specifiche.

"Nel mentre, i problemi diventano sempre più acuti" proseguono i sindacati, ricordando come i mancati pensionamenti abbiano dei riverberi non solo su "chi svolge occupazioni pesanti e faticose, su chi è precoce o su chi perde il lavoro e rimane privo di reddito", ma anche "sul versante dell'occupazione giovanile". Considerazioni che mettono in luce tutte le criticità e le contraddizioni dovute al blocco del naturale ricambio generazionale nel mondo del lavoro.

Riforma pensioni, sindacati pronti a iniziativa di protesta il prossimo 2 aprile 2016

Stante la situazione, l'azione di mobilitazione è stata fissata in via congiunta da Cgil, Cisl e Uil per il prossimo sabato 2 aprile, con date e modalità che saranno comunicate a breve.

La protesta verterà sull'introduzione di nuovi meccanismi di pensionamento anticipato, a partire dalla flessibilità in uscita dal lavoro con 41 anni di versamenti per i precoci e dalla creazione di un'opzione volontaria di uscita che permetta di andare in quiescenza dai 62 anni di età. Il tutto senza fare ricorso a ricalcoli contributivi della mensilità erogata, un eventualità verso la quale i sindacati si dicono "assolutamente indisponibili". Infine, per quanto riguarda le pensioni attuali, si chiedono delle nuove misure di garanzia. Mentre la tutela delle future prestazioni dovrà essere perseguita con il rafforzamento della previdenza complementare e dei fondi pensione di tipo privato (sui quali si chiede di riportare l'imposizione fiscale dal 20% all'11%).

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