Procedono i lavori di riforma della Pubblica Amministrazione che decreto dopo decreto, probabilmente andrà a pieno regime dal prossimo gennaio. Il Consiglio dei Ministri ieri 26 agosto ha licenziato quattro bozze di decreto che di fatto danno attuazione alla riforma Madia. Gli interventi discussi ieri riguardano le Camere di Commercio ed i dirigenti delle PA, ma l’impatto sarà come al solito anche sui lavoratori.
Ecco le novità e cosa devono aspettarsi i lavoratori statali.
Finisce l’era del dirigente intoccabile
Il ruolo del dirigente nelle Pubbliche Amministrazioni da sempre ha rappresentato il tipico esempio di lavoratore intoccabile. Niente crisi aziendale, niente problemi di riduzione personale e quindi niente licenziamento. Con la riforma che fin dall’epoca Brunetta e Governo Berlusconi, ha cercato di inserire nel settore Lavoro Pubblico il concetto di meritocrazia, questo principio di intoccabilità verrà meno. Nasce il dirigente a termine, a scadenza, nel senso che gli incarichi dirigenziali negli enti pubblici non saranno più assegnati a vita, ma dureranno 4 anni, prorogabili a 6.
Inoltre, per i dirigenti meno meritevoli, quelli che rendono meno al lavoro, potrebbe scattare la retrocessione di ruolo, lo spostamento da un ruolo apicale ad uno di funzionario. Nasce il ruolo del dirigente unico ed allo stesso tempo verrà istituita una commissione giudicante imparziale (prevista la nascita entro 90 giorni dall’approvazione del decreto attuativo). Ad esclusione quindi della Sanità e della Scuola, dove le norme resteranno quelle attuali, verrà creato l’elenco unico dei dirigenti, posto al quale si accederà per concorso e riservato solo ai vincitori e non più anche agli idonei. Da questa specie di albo verranno presi i dirigenti e collocati in base alle esigenze dei vari Enti.
Anche dal punto di vista dello stipendio per i dirigenti cambierà molto, perché concludendo il mandato dei 4 anni (o 6), oppure venendo declassati per inadempienze o mancato raggiungimento degli obbiettivi perderanno gran parte della loro retribuzione.
Il punto su Camere di Commercio e rinnovo del contratto
Altra novità fuoriuscita ieri dal CDM è la riduzione delle Camere di Commercio che passeranno da 105 a 60. I paletti utili a completare l’operazione di riduzione saranno quelli di cui tanto si è parlato, cioè la presenza garantita di almeno una Camera di Commercio per Regione e la cancellazione con accorpamento tra loro, di quelle sotto le 75mila imprese iscritte. Per quanto riguarda il rinnovo del Contratto post sentenza della Corte Costituzionale, la trattativa probabilmente entrerà nel vivo nei primi giorni di settembre.
Ad oggi le cifre confermate sono quelle della scorsa Legge di Stabilità, cioè 300 milioni di euro da dividere tra i dipendenti a cui da oltre 7 anni lo stipendio è congelato. Le indiscrezioni vogliono però il Governo pronto a mettere mano alla questione nella prossima Legge di Bilancio, con cifre più elevate, nell’ordine dei 2,5 miliardi. Dal CDM di ieri si è appena sfiorato l’argomento, collegando il rinnovo del contratto alle questioni meritocratiche. Parte di quanto il Governo stanzierà infatti, dovrebbe essere destinata al super premio, un bonus economico che verrà assegnato a non più del 10% dei lavoratori, quelli più meritevoli secondo il giudizio dei dirigenti stessi. La sensazione è che il Governo abbia intenzione di rispondere alle istanze dei sindacati per quanto concerne le cifre, cioè di renderle più eque e decenti rispetto ai 300 milioni iniziali.
Allo stesso tempo però non decade l’idea di differenziare i gli aumenti sempre secondo i criteri del merito, con la concreta possibilità di aumenti più importanti per lavoratori più virtuosi. Questo delicato argomento però è nelle mani della trattativa serrata tra ARAN e parti sociali di cui come dicevamo, aggiornamenti sono previsti presto.