Appena un miliardo di euro, forse meno: questa la cifra che il governo ha stanziato per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione. Una cifra esigua da spartire in una platea di oltre 3milioni e 300mila lavoratori, di cui un milione solo nel comparto Scuola. Si tratta di una cifra ben lontana da quella auspicata, i 7 miliardi richiesti dai sindacati necessari per recuperare almeno in parte una quota del potere d’acquisto perso negli ultimi anni, il 10% secondo le stime OCSE.
Eppure, anziché sobbalzare dalla sedia e inneggiare alla rivoluzione l’atteggiamento dei sindacati appare stranamente accondiscendente, reazione tanto più anomala se si pensa che l’aumento stimato si aggirerebbe attorno ai 20 euro netti al mese, cifra irrisoria che recupererebbe una quota ancor più irrisoria del potere d’acquisto perso, circa l’1,4%. “È evidente che è poca roba” ha commentato Annamaria Furlan della Cisl in merito alla cifra stanziata ma “se riuscissimo ad ottenere la contrattazione di secondo livello e a togliere sprechi e sperperi un ragionamento si potrebbe anche aprire”.
Tra incrementi irrisori e nuovi tagli
Il riferimento è alla (a quanto pare) positiva esperienza del confronto col governo sul tema delle pensioni che, dopo anni di tira e molla ha portato alla seguente soluzione: l’anticipo pensionistico, ossia vado in pensione prima ma per farlo accetto di farmi prestare i soldi che serviranno a coprire tale anticipo e che dovrò restituire per 20 anni rinunciando, nei casi peggiori, a un quarto della pensione. Tralasciando l’argomento pensioni la questione della rinegoziazione dei contratti statali si fa seria: oltre al fatto che l’aumento di 20 euro sia del tutto insufficiente a restituire ai lavoratori quanto dovuto, tali risorse potrebbero non essere distribuite a tutti: è lo scenario che descrive la redazione del quotidiano Italia Oggi, secondo cui il miliardo in questione servirebbe, nelle intenzioni del governo, a finanziare il compenso accessorio (il cosiddetto merito).
Non solo: sempre secondo il noto quotidiano potrebbe esserci nell’aria un’ulteriore sforbiciata sugli scatti di anzianità del personale scolastico che potrebbero essere completamente rimodulati, anche se non è chiaro se per effetto di una proposta negoziale o per intervento legislativo.
La “questione” Brunetta
A proposito di scatti di anzianità è utile ricordare che, malgrado il recupero delle annualità 2010, 2011 e 2012 ormai a regime, pesa ancora la cancellazione dell’utilità 2013 con la conseguente progressione di carriera ritardata di un anno e il un costo per il singolo lavoratore di circa 1000 euro. Anche per quest’anno tuttavia pare che non ci siano sviluppi si questo punto poiché e non ve n’è menzione alcuna nel testo della legge di Stabilità.
Vige l’incertezza sul futuro su cui pesa anche il decreto Brunetta del 2009 che ha tolto, alla contrattazione collettiva il potere di derogare le leggi vigenti: nello specifico rimangono per il momento le condizioni maggiormente favorevoli previste dal contratto 2007 (con esplicite deroghe alle norme ordinarie come i permessi per motivi personali e familiari) che verrebbero però inevitabilmente meno con i nuovi contratti in quanto, sempre per effetto del decreto Brunetta, anche se inserite tali clausole sarebbero nulle.