Dal 2012, cioè dall’avvento della famigerata riforma Fornero, il mondo previdenziale italiano è tra i più duri d’Europa per quanto riguarda l’età di accesso e i requisiti necessari per la pensione. La Legge Fornero va abolita perché troppo penalizzante per i lavoratori e soprattutto perché nasceva in un periodo di grave crisi economica, con lo spread balzato alle stelle e con la necessità di chiedere sacrifici a molti cittadini.

Se è vero (ma abbiamo seri dubbi al riguardo) che il peggio è passato, per quanto concerne la crisi, la manovra finanziaria di quest’anno doveva provvedere a dare flessibilità al mondo previdenziale, sistemando i problemi che la Legge Fornero ha lascato in eredità. La Legge di Bilancio che il Senato ha approvato il 7 dicembre e che adesso dovrebbe essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore dal 1° gennaio, ha prodotto una serie di novità. La Legge Fornero comunque resta ancora viva e vegeta, perché il pacchetto previdenziale in manovra, ha solo piccoli interventi che mirano a detonare gli effetti di quella Legge, ma non la cancella.

Anticipo pensionistico a 63 anni

La novità principale del pacchetto si chiama APE e concede l’anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia. Chiunque raggiungerà 63 anni dal prossimo 1° maggio, potrà lasciare il lavoro senza attendere i 66 anni e 7 mesi previsti per la vecchiaia. Necessari anche 20 anni di contributi per quella che viene definita APE volontaria, cioè a scelta del lavoratore, nell’ottica di una flessibilità in uscita da più parti richiesta. La pensione però sarà erogata dall’INPS utilizzando soldi di una banca. In pratica, la pensione che finirà nelle tasche degli italiani, sarà un vero e proprio prestito bancario che i beneficiari dovranno iniziare a restituire a rate, non appena arriveranno ai 66 anni e 7 mesi, a partire dai quali percepiranno davvero la pensione loro spettante.

Una rata mensile sulla pensione per la durata di 20 anni, questo il finanziamento che riceveranno, naturalmente comprensivo di spese ed interessi. L’INPS fungerà da tramite e garante, cioè erogherà l’anticipo e preleverà le rate in automatico. L’anticipo non prevede tredicesima e in definitiva significa una penalizzazione costante della pensione spettante in futuro.

Le versioni agevolate di APE

Oltre all’APE volontaria, il Governo ha pensato ad una versione assistenziale della stessa misura, la cosiddetta APE sociale. Una versione questa che fa gravare il peso della rata da restituire in capo allo Stato e non al pensionato. I requisiti di accesso però sono diversi da quelli della versione volontaria ad esclusione di quello anagrafico che parte sempre dall’aver compiuto 63 anni.

La versione assistenziale dell’anticipo è appannaggio di disoccupati, invalidi o con invalidi a carico. Salgono a 30 gli anni di contributi necessari per accedervi e dovrebbero rientrare tutti i contributi, anche quelli figurativi. Al riguardo, l’INPS dovrebbe presto emanare messaggi chiarificatori, perché la materia “figurativi” nel panorama previdenziale si distingue tra contributi utili al diritto ma non al calcolo e così via. Altri requisiti sono che i disoccupati devono avere terminato di percepire gli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi prima di presentare istanza e per le invalidità è necessario almeno il 74% di disabilità certificata. Ape sociale anche per 11 nuove categorie di lavori considerati logoranti.

Maestre di asilo ed edili tra quelle inserite in Stabilità, ma anche facchini, infermieri delle sale operatorie e camionisti. A questi, per lasciare le loro attività, ripetiamo, gravose, vengono richiesti 36 anni di lavoro, dei quali, 6 continuativi prima di presentare domanda di accesso alla pensione.