Il 2017 è appena entrato e le novità dal punto di vista previdenziale sono tante. La Previdenza Italiana però si basa ancora sulle regole della Riforma Fornero come requisiti generali. Alcune novità inserite nella Legge di Bilancio entrata in vigore dal 1° gennaio ed alcune deroghe ai principi generali però consentono di dribblare le pesantezze della Legge. Ecco un quadro generale delle possibilità offerte per uscire dal lavoro.
Vecchiaia, anzianità ma anche APE e quota 41
La pensione di vecchiaia nel 2017 si centra sempre con 20 anni di contributi, ma con età fissata a 66,7 per la generalità dei lavoratori. Per le donne impiegate nel settore privato, età 65,7 mentre per le autonome 66,1. La pensione anticipata senza limiti di età è fissata a 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per tutte le donne. Dal 1° maggio entreranno in scena l’APE e quota 41. L’APE, sia volontaria che sociale è un reddito ponte commisurato alla pensione maturata fino al momento dell’uscita dal lavoro. A partire dai 63 anni, tutti i lavoratori con 20 anni di contributi possono lasciare il lavoro ricevendo un prestito previdenziale fatto di 12 mensilità all’anno.
Il prestito dovrà essere restituito quando si arriverà alla pensione di vecchiaia con i requisiti della Fornero. Per l’APE sociale invece sarà lo Stato a restituire i soldi del prestito, ma i contributi necessari salgono a 30 per disoccupati ed invalidi (o con disabili a carico) o a 36 per i lavori gravosi. Per le categorie rientranti nell’APE sociale, c’è anche quota 41, scivolo rispetto alla pensione anticipata da 42 anni e 10 mesi prevista dalla Fornero. Opzione questa concessa a chi ha 41 anni di contributi di cui uno prima dei 19 anni senza limiti di età.
Categorie a cui si applicano le deroghe
Opzione donna consente alle lavoratrici che hanno compiuto 57 anni e 7 mesi entro il 31 luglio 2016 e che avevano 35 anni di contributi completati il 31 dicembre 2015, di uscire dal lavoro con la pensione calcolata con il contributivo.
A 61 anni e 7 mesi escono dal lavoro gli impegnati in attività usuranti o notturne come stabilite dall’INPS. Uscita a 64 anni e 7 mesi per le donne che a fine 2012 avevano 60 anni di età e 20 di contributi. Stessa cosa per gli uomini, ma in questo caso devono aver centrato la quota 96 (età 60 o 61 + contributi 35 o 36) sempre entro il 2012. Con 20 anni di contributi ed una invalidità pari o superiore all’80%, si esce a 60,7 anni se maschi e 55,7 se donne. Per i ciechi bastano 10 anni di contributi e 55,7 anni di età (per le donne 5 anni in meno). Nel comparto difesa e sicurezza invece l’anticipata si centra con 40 anni e 7 mesi senza limiti anagrafici oppure con 35 anni di versamenti ma con almeno 57 anni e 7 mesi di età.
Nelle PA invece esiste il vincolo della permanenza in servizio fissato a 65 anni. Resta sottinteso però che il dipendente pubblico resta in servizio fino al maturare di un diritto alla pensione. Per i lavoratori in possesso di una contribuzione entro la fine del 1995, uscita a 65 anni e 7 mesi o 61 anni e 7 mesi per le donne. Per gli stessi si applica l’anticipata con 40 anni di versamenti senza limiti anagrafici oppure con 61 anni e 7 mesi di età ma con 35 di contributi e quota 97,6.