In linea generale, la pensione dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati è trattata da sempre in maniera differente dal punto di vista normativo. L’ultima riforma che si ricorda resta quella della Legge Fornero ed anche la Legge di Bilancio che entrerà in vigore dal prossimo 1° gennaio, non ha intaccato l’apparato normativo proveniente dall’allora Governo Monti. Alcune misure inserite nella manovra finanziaria pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 dicembre però, vengono in aiuto anche dei lavoratori statali che sono prossimi alla pensione, almeno così sembra.

La pensione di vecchiaia nel Pubblico Impiego

Parlavamo di differenze nei requisiti di accesso tra lavoratori pubblici e privati. La pensione di vecchiaia è raggiungibile, nel 2017, per entrambe le fattispecie di lavoratori a 66 anni e 7 mesi di età con 20 di contributi. La differenza sta nella parità di trattamento tra donne e uomini che nel Pubblico Impiego è totale. In pratica, le dipendenti pubbliche, statali e comunali per la quiescenza di vecchiaia devono raggiungere 66 anni e 7 mesi di età come i colleghi uomini, al contrario di quello che succede nel privato dove le lavoratrici in gonnella anche nel 2017 (dal 2018 finisce questa agevolazione anche nel privato) godono di un anno di sconto, cioè a 65 e 7 mesi.

L’APE volontaria

La manovra finanziaria ha come novità assoluta e più importante dal punto di vista previdenziale l’Anticipo Pensionistico, sorta di scivolo per coloro che si trovano a 3 anni e 7 mesi dal limite anagrafico per la pensione di vecchiaia. Nessuna distinzione tra pubblico e privato, pertanto l’uscita anticipata massima consentita è a partire dai 63 anni di età con 20 di contributi.

La misura entrerà in azione dal 1° maggio 2017 attraverso il particolare meccanismo del prestito bancario. Infatti, la pensione sarà pagata dall’INPS, ma con soldi di una banca che li concederà in prestito, con interessi e spese assicurative contro la morte anticiapta del beneficiario. Quando il pensionato raggiungerà i 66 anni e 7 mesi utili alla vera e propria pensione di vecchiaia, inizierà a restituire il prestito, sempre attraverso l’INPS che mese per mese e per 20 anni, tratterrà dalla futura pensione una quota pari alla rata di ammortamento del prestito.

Coloro che sceglieranno la via dell’anticipo con questa particolare versione di flessibilità pensionistica, devono sapere che l’APE non prevede tredicesima, non si adegua all’inflazione e non è reversibile. Inoltre, per essere ammessi all’anticipo, la pensione calcolata alla data di uscita dal lavoro, quindi in base ai contributi versati fino a quel momento, non deve essere inferiore a 700 euro.

Opzione donna

Per le lavoratrici pubbliche si applica anche l’anticipata tramite opzione donna. Come per le lavoratrici del settore privato, nel 2017 si potrà lasciare il lavoro con 57 anni e 7 mesi di età se entro il 31 dicembre 2015 si sono completati i 35 anni di contributi versati. La Legge di Bilancio ha portato l’estensione del provvedimento anche a quelle che hanno compiuto i 57,7 anni di età dopo la fine del 2015, cosa negata fino alla manovra.

Pertanto, tutte quelle che hanno centrato l’età minima di uscita entro il 31 luglio 2016, potranno lasciare il lavoro anticipatamente. Bisogna sapere però che il sacrificio in termini di assegno pensionistico è pesante. Infatti, si deve accettare la pensione calcolata completamente con il sistema contributivo e più penalizzante, nonostante gran parte dei contributi siano stati versati nel retributivo o misto.