Oggi 1° marzo, seconda tappa del 2017 per quanto concerne il lavoro previdenziale tra Governo e Sindacati iniziato nel 2016 e che ha prodotto APE e quota 41. Al Ministero del Lavoro si incontrano di nuovo, esponenti dell’Esecutivo e Parti Sociali per continuare lo studio delle novità previdenziali della Legge di Bilancio, in vista degli imminenti decreti attuativi e per dare vita alla fase 2, quella che getterà lo sguardo sulle future generazioni di pensionati.

Proprio sul futuro, l’idea resta quella della pensione di garanzia, ma cos’è e come potrebbe funzionare?

Tra precariato e disoccupazione

Ai giovani di oggi, sentire parlare di Pensioni, di contributi e delle varie soglie fa storcere il naso. Pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi di versamenti, quota 41, APE sociale con 30 o 36 anni di anzianità contributiva sono soglie che difficilmente i giovani di oggi raggiungeranno, anzi, per loro non c’è la minima speranza di farcela. Il primo problema è il sistema di calcolo contributivo, introdotto dalla Fornero e valido per chiunque abbia iniziato a lavorare dopo il 1995.

Un sistema basato sull’ammontare dei contributi versati che di fatto penalizza i lavoratori in termini di futuri assegni previdenziali. I giovani di oggi poi, si trovano in condizioni di lavoro particolari, nella stretta della disoccupazione, dei contratti precari e dei voucher e tutto ciò significa pochi e di poco valore contributi accumulati. Pensare di arrivare in queste condizioni ai 40 anni di contributi sembra una chimera.

L’assegno di garanzia

Ecco che nell’incontro di oggi, l’argomento potrebbe essere di nuovo la pensione di garanzia. Si tratta di uno strumento che servirà alle future generazioni di pensionati per avere assegni degni e non da fame come si prospettano. Uno strumento che trova promotori e sponsor importanti, primo tra tutti Damiano.

Il Presidente della Commissione Lavoro spinge per questa pensione di garanzia dell’importo di 442 euro, naturalmente rivalutata in misura identica a quanto succede per l’assegno sociale. Questa somma si andrebbe ad aggiungere a quella derivante dalla pensione realmente maturata dai giovani di oggi. Questo assegno sarebbe erogato a partire dai 65 anni di età per tutti coloro che si trovano ad aver raggranellato almeno 15 anni di contributi. Un meccanismo questo che riuscirebbe a dotare le pensioni future di importi degni, visto che queste, saranno liquidate esclusivamente con il penalizzante sistema contributivo e non saranno più implementate dal trattamento minimo come oggi. Ma Damiano non è solo in questa lotta, perché su questa materia, già nel 2009, un deputato del Popolo della Libertà, Giuliano Cazzola aveva depositato una proposta più o meno simile.