Le ultime notizie sulle Pensioni al 15 maggio che fanno letteralmente surriscaldare gli animi dei precoci ruotano intorno al concetto di aspettativa di vita: pare infatti che dal 2019 si andrà in pensione 5 mesi più tardi. Peccato, dice su Facebook un lavoratore precoce avvezzo ai calcoli, che così facendo il Governo abbia dichiarato apertamente guerra ai precoci, spostando ulteriormente la data di accesso alla quiescenza.
Roberto Sinesi, con il quale ci siamo più volte confrontati, trova assurdo tale aumento, visto che nel 2015 l'aspettativa di vita è diminuita, e dunque con l'aumento nel 2016, al più si poteva parlare di aspettativa di vita stazionaria. I dettagli e lo sdegno dei lavoratori.
Pensioni precoci e la guerra sull'aspettativa di vita
E' da tempo che i lavoratori precoci e non lottano per un obiettivo comune al di là delle singole categorie, ossia l'abolizione dell'adeguamento dell'aspettativa di vita che continua ad allontanare sempre più la data di accesso alla pensione. Oggi più che mai la questione è tornata alla ribalta, da un lato si attendono lumi specifici dal Governo sulle modifiche accettate dalla Corte dei conti su Ape social e quota 41 e non si tollerano più i ritardi che lasciano sgomenti milioni di lavoratori.
Persone, alcune ormai disoccupati e privi di ammortizzatori o con questi in scadenza, che attendono la pubblicazione dei decreti per comprendere se rientreranno o meno tra i beneficiari delle misure di pensione anticipata. Dall'altro si chiede al Governo, abile nel mettere mille paletti ma sordo alle richieste dei lavoratori, di abolire definitivamente il meccanismo dell'aspettativa di vita. O quanto meno sembrerebbe dire, sdegnato Sinesi, applicarlo in modo corretto .
Pensioni 2017, ecco cosa non torna sull'aspettativa di vita
Nel 2019 si dovrà lavorare 5 mesi in più per andare in pensione, sebbene vi sia stato, dice Sinesi, un abbassamento dell'aspettativa di vita pari a 3 mesi nel 2015 e un aumento della stessa nel 2016 di appena 4.
Ragion per cui, si dice, se la matematica non è un opinione l'incremento effettivo è stato appena pari ad un mese: dunque dal 2019 nulla avrebbe dovuto cambiare per i lavoratori. Invece, si scrive su Facebook, provocando sdegno tra i colleghi: "il governo che ha neutralizzato l'effetto negativo del 2015 e ha tenuto conto solo del 2016, e hanno fatto uscire un calcolo fantascientifico di uscita di 5 mesi nel 2019 ,peggiorativo rispetto alle tabelle Fornero", ricordiamo infatti che l'incremento dovrebbe essere di quattro. Ora la questione esposta dal precoce ha un suo giusto fondamento visto che lo stesso prestigioso giornale 'Il Sole 24 ore' in data 26/7/2016 intitolava un suo articolo: 'Nel 2019 in pensione con cinque mesi di anticipo '.
Il giornalista Matteo Prioschi aveva spiegato che l'effetto anomalo poteva essere causato proprio dalla riduzione della speranza di vita nel 2015 comunicata il 19 febbraio 2017 dall'Istat e recepita come ipotesi nelle proiezioni fatte dalla stessa ragioneria di Stato. Il giornalista faceva altresì presente, come anche Sinesi ricorda, che la legge attuale non prevede però che un adeguamento dei requisiti minimi in diminuzione. Ma le regole previdenziali asseriscono che a fronte di un valore negativo dell’aspettativa di vita, i requisiti rimangono invariati. Peccato, però che sebbene l'incremento risulti effettivamente di 1 solo mese, l'incremento sarà di 5.
Per quali ragioni si chiedono i lavoratori, almeno per il 2019 i requisiti non possono restare invariati o al più aumentare di un solo mese? Al Governo e alla ragioneria giriamo la domanda.