In una lettera aperta del 18 ottobre scorso, rivolta a istituzioni, mass media e sorveglianza sanitaria, i macchinisti di “ancora In Marcia!” segnalano che nel corso degli ultimi tre anni sono scomparsi 44 loro colleghi a causa di malattie. Gli ultimi episodi riguardano due macchinisti, uno del Lazio e uno del Piemonte, di 54 e 56 anni rispettivamente. Il totale di 44 inoltre è una stima per difetto, in quanto non c'è la certezza assoluta che tutti i casi siano stati segnalati alla redazione della rivista.
Le cause dei decessi
Se le cause dirette di queste scomparse premature sono malattie, principalmente cardiologiche, o tumori, secondo “ancora In Marcia!” le ragioni a monte sono da ricercare nelle condizioni di lavoro previste dai contratti in vigore, che hanno raggiunto livelli insostenibili: 10 o anche 11 ore di lavoro giornaliero, anche tre servizi notturni per settimana, macchinista solo con su di sé tutto il carico delle responsabilità prima divise in due, difficoltà ad alimentarsi e anche ad espletare i normali bisogni fisiologici, a causa delle pause previste che sono poche e non adeguatamente distribuite.
Macchinisti, capitreno e manovratori in pensione a 67 anni
La lettera aperta fa un riferimento anche al tema delle pensioni, in quanto le categorie ferroviarie di macchinista, capotreno e manovratore, con la riforma Fornero, sono state private della precedente possibilità di ritirarsi al raggiungimento dell'età anagrafica di 58 anni. A regime anche questi lavoratori potranno andare in pensione solo a 67 anni, mentre ad esempio l'aspettativa di vita dei macchinisti è stata stimata a 64 anni e mezzo. Un vero e proprio controsenso!
Il silenzio sindacale
Viene sottolineata inoltre l'indifferenza che c'è su questo problema, sia da parte delle imprese ferroviarie che delle organizzazioni sindacali. Se da parte aziendale non si fa cenno alla questione, pochi rappresentanti dei sindacati ne stanno parlando, ma soprattutto non si stanno ponendo rimedi strutturali, intervenendo prima di tutto sulle condizioni di lavoro.
Servono sì parole, ma soprattutto fatti concreti.
Timore per il futuro
La redazione della rivista conclude il suo messaggio confermando il proprio impegno nel continuare questa opera di denuncia, in quanto vi è purtroppo il sentore che, se non saranno presi provvedimenti, il numero di queste 44 vittime del lavoro possa continuare a crescere.