Si chiamano "working poor", lavoratori poveri, forme di lavoro contrattuali che non riescono a dare stabilità economica e che consegnano al paese Italia dati inquietanti: secondo eurostat, infatti, l'11% (2,6 milioni) di coloro che sono occupati "a singhiozzo" corre il rischio povertà.
Vediamo quali possono essere (parzialmente) le cause
1 persona su 8 lavora saltuariamente, con pause lunghe fra un lavoro e l'altro, contratti a breve termine che non garantiscono sicurezza e benessere.
Gran parte delle figure del terziario è stato sostituito dalle nuove tecnologie e si verifica una forte contrazione numerica: le persone vengono sostituite fisicamente dalle macchine, pochi coloro che sono in grado di programmare e monitorarle. Si aggiunga un paradossale meccanismo virtuale che, invece di snellire le procedure ed accelerare i tempi di assunzione, risulta poco concludente nell'incrocio fra domanda e offerta. Ci si chiede: come mai in gran parte dell'Europa, internet è un ottimo mezzo per cercare lavoro, mentre in Italia rimane una strada poco sicura e soprattutto vana?
Snervante e improduttivo l'invio di curriculum per lo più senza risposta, una fatica da beduini nel deserto che coinvolge chi per vivere necessita di lavorare, dalla manodopera ai tecnici specializzati, diplomati, laureati, giovani e meno giovani.
Dubitare sulla veridicità degli annunci diventa lecito o è anche semplicemente una questione di numeri, consapevoli che un posto non coprirà il mare nostrum di richieste. Uno su mille ce la fa, la moltitudine o continua a cercare, oppure prepara le valigie o, ancora, accetta con ottimismo e col sorriso l'inaspettata condizione di indigenza, nella speranza che sia transitoria.
Le percentuali Eurostat intimidiscono
Sarà saggio alzare le antenne di fronte ai numeri e ai dati Eurostat che intimidiscono come tuoni nella notte buia italiana: diminuiscono le ore di lavoro (- 5,8%), si abbassano le unità di lavoro a tempo pieno (- 4,7%), i lavoratori a tempo indeterminato che rischiano la povertà sono passati da 6,7 a 7,5%, gli uomini sono in pericolo maggiore rispetto alle donne.
percentuali in crescita rispetto al 2015 e soprattutto rispetto al 2010, nel sottolineare un disagio economico-sociale tra i più alti nell'Unione Europea, seguito solo da Romania, Grecia, Spagna e Lussemburgo, accomunati tutti da un'impavida corruzione, l'unico reale veleno di questa orribile crisi.