Trovare un accordo con Bruxelles che ha già bocciato e posto veti sulla manovra finanziaria del governo è argomento di stretta attualità politica. Evitare le paventate sanzioni ed il rischio isolamento dell’Italia da parte dei vertici europei per via della legge di Bilancio è priorità dell’esecutivo che comunque sembra non voler fare passi indietro sulle due misure cardine della legge di Stabilità, cioè quota 100 e reddito di cittadinanza.
Delle due, appare probabile che solo quota 100 riesca a trovare la sua definizione definitiva già nella manovra, perché sul reddito di cittadinanza si pensa ad un decreto a se stante anche se collegato alla manovra. Ed è proprio su quota 100 che si concentra l’attenzione dell’esecutivo, che evidentemente ha battezzato questa misura come quella da ritoccare per compiacere Bruxelles, come riporta un editoriale del noto quotidiano nazionale “Repubblica”. Le ultime novità tornano a collegare quota 100 a quota 41, ipotizzando la prima come apriscatole della seconda. E cos’ che si valuta l’idea di avviare quota 100 come misura a termine, cioè valida solo per un determinato arco temporale, prima di lanciare la grande iniziativa della nuova pensione di anzianità con “solo” 41 anni di contributi richiesti e senza vincoli di età.
Una misura che preoccupa in termini di conti pubblici
Continua a tenere banco l’ipotesi di un maxiemendamento correttivo alla misura, che comunque non deve perdere la struttura pensata inizialmente e ormai nota a tutti. Quota 100 partirà con i due limiti previsti, cioè i 62 anni di età ed i 38 anni di contributi come vincoli minimi da rispettare per l’accesso alla misura. Uno strumento che consentirebbe di anticipare la pensione di diversi anni, con vantaggio massimo di 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni e di 5 anni e 3 mesi rispetto alla pensione anticipata con 43 anni e 3 mesi di contributi. La Commissione Europea ha chiesto all’Italia correttivi sui progetti di riforma della previdenza sociale perché preoccupata della maggiore instabilità che produrrebbero misure troppo vantaggiose in termini di uscita dal lavoro rispetto agli ultimi anni in cui l’impatto della riforma Fornero ha allontanato di molti anni la pensione dai lavoratori.
Secondo Repubblica, ma anche secondo molti altri quotidiani, per venire incontro ai diktat europei l’unica via, che poi è quella che sembra stia intraprendendo l’esecutivo, sarebbe quella di inserire disincentivi sulla misura, cioè di renderla meno appetibile per una platea di destinatari che resta vastissima. Si cerca in definitiva, di risparmiare qualcosa di quei 6,7 miliardi di euro stanziati per il pacchetto Pensioni della manovra.
Alcune soluzioni al vaglio
Secondo l’editoriale, emerge la possibilità di inserire un altro vincolo sulla misura, non tanto per tagliare la platea di destinatari, ma piuttosto per disincentivare i più a non scegliere la via offerta dal nuovo strumento pensionistico.
Si tratterebbe dello stop alla rivalutazione della parte di pensione che verrebbe calcolata con ilo metodo retributivo. Un taglio del 12% di assegno per chi ha molti contributi versati prima del 2011 e che per via della normativa vigente rientrerebbe ancora nel calcolo della pensione con il sistema misto, cioè in parte con il metodo retributivo ed in parte con il sistema contributivo. Una penalizzazione che però dovrà fare i conti con la promessa del Vice Premier Salvini, di avviare quota 100 senza penalità alcuna. Un altro deterrente già certo appare essere quello del divieto di cumulo di redditi derivanti da attività di lavoro con la pensione percepita in regime di quota 100. In pratica, non si potrà arrotondare la pensione con lavoretti vari che producano redditi oltre i 5.000 euro.
Disincentivi che dovrebbero portare la spesa da sostenere per quota 100 intorno a 5 miliardi, risparmiandone almeno 1,5 di quelli stanziati in manovra. Se questi disincentivi non bastassero per ottenere il benestare di Bruxelles, adesso sembra si ipotizzi di rendere quota 100 valida solo per un triennio. Una misura che non sarebbe strutturale ma in vigore solo fino al 2021, per poi passare alla quota 41, cioè alla nuova pensione di anzianità con 41 anni di contributi.