Percorrendo l'autostrada che da Napoli porta verso Castellamare, bellissima, da un punto di vista paesaggistico ma estremamente pericolosa, ad un'uscita, quella di Torre Annunziata, si è come accolti da una realtà impensata. Tra speculazioni e disastri ambientali, intatta sorge una delle ville di Poppea. Nella primavera scorsa, accompagnata da docenti dediti al martirio - se consideriamo le condizioni in cui queste visite si svolgono - una classe V, di un Liceo napoletano, vi si è recata per vivere l'esperienza di un'autentica scoperta. Oplonti si erge e si mostra in tutta la sua bellezza come se il tempo si fosse fermato, come se quel periodo così lontano e, insieme, così vicino, grazie alle meraviglie che l'archeologia realizza, fosse lì pronto per un incontro.

Lo stupore dei giovani e il loro entusiasmo non è facile da descrivere. Certo è che quegli spazi, restituiti agli sguardi ammirati dei visitatori, sembravano ancora abitati dai loro antichi padroni.

Le ville di Poppea nella zona sono almeno 3 e parlano di un passato che con forza invita ad una nuova consapevolezza nel presente. Quando da Oplonti la comitiva scolastica si è poi recata ad Ercolano, lì il racconto dell'esplosione del Vesuvio -gigantesco - della vita culturale e degli inutili tentativi di salvezza ha diffuso quel silenzio che parla di una riflessione. Quando Roma era grande, il Golfo di Napoli era il posto più bello del mondo. Forse lo è ancora!? Tra case nate ad opera della camorra e della connivenza di una politica che si è inginocchiata al potere perverso dei clan malavitosi, i capolavori di un tempo inquietano.

Non so tornando a casa se qualcosa è rimasto o rimarrà negli occhi e nel cuore dei giovani visitatori. So che la tutela dei beni artistici e culturali deve essere al primo posto in un mondo sempre più globalizzato dove globalizzazione non vuol dire perdita della propria identità, anzi può significare recupero e riscatto, come dovere e come progetto.