A qualche giorno dalla conclusione del vertice Asem di Milano, al quale hanno partecipato cinquantatre tra capi di stato e di governo europei ed asiatici, sono suggerite alla mente degli osservatori alcune considerazioni. Lasciando una volta tanto in secondo piano Matteo Renzi , il gioviale fiorentino, distributore automatico di promesse e la sua lapidaria dichiarazione secondo la quale, alla fine dei lavori, "grandi passi avanti sono stati fatti", spostiamo l'attenzione su alcuni protagonisti o co-protagonisti.
Cominciamo da Putin, Vladimir Vladimirovic, nato a San Pietroburgo nel 1952, attuale Presidente della Federazione Russa; egli è stato, tra le altre cose, dirigente del KGB, cintura nera di judo, discreto scacchista; secondo alcuni analisti è l'uomo più potente del mondo. Proseguiamo con Berlusconi, Silvio, nato a Milano nel 1936, quattro volte Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, fondatore del Partito "Forza Italia" di cui è attualmente presidente nonostante sia tuttora agli arresti domiciliari in seguito alla sentenza di condanna emessa alla fine di uno degli innumerevoli processi in cui era imputato.
Fermiamoci un istante perché, stando a quanto scrive la stampa russa pro - Putin, sarebbe ancora lui, di fatto, il vero leader italiano, accusato e condannato ingiustamente da magistrati politicizzati di parte avversa. Ora presentiamo il terzo attore di questo piccolo psicodramma: Poroshenko, Petro Oleksijovyc, nato a Bolgrad nel 1965, imprenditore e politico ucraino, diventato celebre per la sua industria di cacao, che gli valse il soprannome di "re del cioccolato", attuale presidente dell'Ucraina. Ricordiamo qui la grave crisi ancora in corso della Crimea, territorio che Putin ha sempre considerato "parte della Russia" mentre Poroshenko e la gran parte della comunità internazionale no, in quanto territorio ucraino.
Psicodramma atto primo: Putin va a trovare Berlusconi, suo amico personale di vecchia data, attardandosi da lui e "schiaffeggiando virtualmente" Angela Merkel, con la quale era programmato un incontro ufficiale che si poi si terrà ugualmente ma molte ore più tardi del previsto.
Atto secondo: Putin, ancora in ritardo, non è presente al discorso ufficiale di Napolitano.
Atto terzo: anche il tanto atteso incontro tra lo zar del ventunesimo secolo e il Presidente ucraino va in scena in ritardo e, nonostante le speranze del mondo di una anche minima "distensione" tra i due leader e i loro due Paesi, si conclude con un nulla di fatto, di più, con la netta sensazione che Putin abbia voluto far intendere al suo antagonista che conta poco, tanto poco che non c'è bisogno di molta concentrazione per trattare con lui.
Proprio come quando tra forti scacchisti uno dei due arriva di proposito davanti alla scacchiera per innervosire l'avversario.
Ora il vertice si è concluso, la paura che lo zar chiuda i rubinetti del gas diretto in Europa è tanta, ma altri tragici problemi richiedono l'attenzione del mondo, mentre si ha la netta impressione che il glaciale Vlad abbia messo ancora una volta sotto scacco il Vecchio Continente.