Il popolo italiano è stanco di assistere ogni giorno ai rimpasti di governo: in qualsiasi Amministrazione locale, da Roma Capitale fino all’ultimo Consiglio comunale di provincia, si verifica puntualmente lo stesso “fenomeno”: trasformismo allo stato puro! La spiegazione? Mantenersi salde le proprie poltrone fino alla fine della legislatura. Intanto, il popolo degli elettori, inorridito dai continui e incessanti “cambi di casacca”, subisce i soprusi e le reiterate malversazioni da parte dei poteri forti, e noi, poveri e inermi elettori, siamo oramai in balia di improponibili rimpasti governativi senza cambiare di fatto la grave situazione amministrativa.

La futura rivincita degli elettori

Gli elettori, oramai stanchi e intolleranti, non dimenticheranno facilmente i torti subiti e prima o poi si vendicheranno. Già in parte lo hanno dimostrato, alle ultime elezioni regionali, con il crescente astensionismo. Nonostante ciò, la politica del “trasformismo” non molla. Anzi, continua imperterrita e più di prima. Forse è bene ricordare agli attuali “politicanti” che oggi l’elettore medio ha un minimo di cultura, è bene informato sui fatti e sulle inchieste. Si tiene informato sui nomi e, soprattutto, conosce i volti e le facce dei vari “voltagabbana” di turno, visto che gli stessi, oramai, con arroganza e irriverenza, non si vergognano neanche di “sfilare” in tv, durante gli innumerevoli talk show politici.

Il paradosso: bei tempi, quelli della prima Repubblica

Assistendo a tutto quello che succede quotidianamente in politica, verrebbe quasi voglia di esprimere un giudizio positivo sull’operato della “Prima Repubblica”.

Nella lunga storia politica della Repubblica molti uomini di governo sono stati al “servizio” dell’elettorato.

Il loro operato, alla luce dei fatti politici attuali, risulta persino corretto e rispettoso di noi elettori. Tanti nomi importanti si sono susseguiti in questo settantennio e molte figure politiche sono rimaste impresse nella nostra memoria. Certo, a dirla tutta, poche di queste rappresentano, ancora oggi, quello che di buono è esistito nella cosiddetta Prima Repubblica: pensiamo per esempio al Presidente Pertini o all’autorevolezza di Enrico Berlinguer.

Questi personaggi illustri, sapienti pensatori, abili interlocutori, saccenti personalità capaci di scuotere le nostre coscienze e di farci riflettere sul senso civico e morale della società, hanno fondato il loro potere sul consenso e sulle ideologie, tutte legate ai diritti del popolo sovrano. Uomini, insomma, che hanno rappresentato con dignità tutte le Istituzioni della Repubblica Italiana. Essi erano non i leader ma i personaggi più autorevoli e gli esponenti più insigni, delegati dai partiti politici, a rappresentarli. Gli stessi Partiti, con la “P” maiuscola, si fondavano su ideologie, principi e aspirazioni comuni a tutti. Queste ideologie e questi principi erano il caposaldo e le fondamenta capaci di reggere il pensiero e le idee di intere generazioni.

La “questione morale”

Queste due parole non hanno nessun significato per gli uomini politici contemporanei. Non hanno senso perché tutta la classe politica è indifferente a tutto questo. Loro pensano quello che pensavamo noi sui banchi di scuola: “se siamo tutti impreparati, il Professore lascerà perdere e non infliggerà a nessuno la punizione che ci spetta”. Nella prima Repubblica non era proprio così. Quando venne messa in discussione nel 1978 la questione morale dell’allora Presidente Leone, quest’ultimo ebbe il coraggio di dimettersi. Oggi questo sarebbe l’ultimo pensiero di un dilettante della politica.