Basta uno sguardo alle pagine dei giornali per leggere due titoli inquietanti: 'Lecce, cosparge di alcool la convivente e le dà fuoco davanti ai figli', 'Prato, armato di mazza da baseball va in cerca dell'ex fidanzata'. Questi articoli sono il racconto infinitesimale della abnorme quantità di violenza che ogni giorno si consuma ai danni di donne e bambini nel nostro Paese.

Una piaga che dovrebbe essere una priorità combattere, soprattutto per uno Stato che si dichiara “democratico e occidentale”, dove questi termini vengono impiegati nel linguaggio comune come sinonimi e simboli di libertà, progresso, evoluzione.

Violenza sulle donne: lasciamo parlare i numeri

I dati dell'indagine condotta dall'Istat nel 2015 sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia sono davvero inquietanti.

6 milioni e 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. La violenza fisica è più frequente per le donne straniere mentre quella sessuale per le italiane.

I partner attuali o gli ex commettono le violenze più gravi. Notevole è la percentuale dei minori che hanno assistito a episodi di violenza subiti dalla propria madre.

Gli unici indici confortanti riguardano il calo di violenza sia fisica che sessuale se si prende in considerazione il periodo tra il 2010 e il 2015. Si ipotizza ciò sia dovuto a una maggiore informazione, al lavoro sul campo svolto dalle associazioni, alla migliore capacità delle donne di prevenire questo fenomeno e a un clima sociale di maggiore condanna della violenza.

Le donne vittime di femminicidio in Italia però nel primo semestre del 2016 sono già 60 e, anche se non si può fare di un singolo caso un quadro generale, quanto accaduto alla giovane 22enne Sara di Pietrantonio sotto gli occhi indifferenti dei passanti non avvalora certo la tesi di un clima sociale più rigido verso la violenza.

Come non convince l'esiguo numero di condanne e pene scontate rispetto al numero di crimini commessi.

Violenza sulle donne: l'ONU condanna l'Italia

Il 25 giugno scorso, durante l'incontro tenutosi a Ginevra della Commissione per i diritti umani dell'Onu, lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, Rashida Manjoo, pur riconoscendo gli sforzi del nostro governo sottolinea il fatto che le leggi e le politiche adottate, comprese il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, 'non hanno portato a una diminuzione di femminicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine'.

La Manjoo sottolinea inoltre il fatto che 'femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato' e l'incapacità di prevenirli, di proteggere e tutelare la vita delle donne da parte delle pubbliche istituzioni equivale alla loro “tolleranza” da parte dello Stato.

Violenza sulle donne: meglio abolire le campagne ipocrite e contraddittorie

Il rapporto "Rosa Shocking 2. Violenza e stereotipo di genere: generazioni a confronto e prevenzione", condotto dall'associazione We World Onlus insieme a Ipsos Italia, lascia emergere un dato preoccupante. Il 32% dei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 29 anni sostiene che la violenza vada gestita 'all'interno delle mura domestiche'. Il 25% ritiene la violenza sulle donne 'giustificata' dal troppo amore oppure dall'elevato 'livello di esasperazione' al quale gli uomini sarebbero indotti da certi comportamenti femminili.

Andrebbero assolutamente vietate le immagini e i video che ritraggono la donna come oggetto, sottomessa e parimenti bisognerebbe evitare di condurre campagne contro la violenza utilizzando immagini di donne indifese, piene di lividi, messe all'angolo; qual è il senso di tutto ciò?

Che risultati si pensa di ottenere? Davvero ci si illude che mostrando la paura, il terrore e la vergogna si riesca a intenerire l'animo di uno stalker, di uno stupratore o di un assassino?

Non la paura, ma la forza andrebbe mostrata. La forza di uno Stato che infligge pene esemplari tanto per cominciare.