Che per troppi anni il posto fisso a Scuola fosse un miraggio lo si sapeva già da molto tempo prima di questa sciagurata riforma scolastica all'insegna della tecnologia, con i due feticci di un concorso computer based e delle assegnazioni dei ruoli attraverso un ineffabile e neutrale algoritmo che hanno devastato le vite professionali dei docenti. Ritardi, bocciature e ricorsi stanno caratterizzando l'esordio della riforma con la novità della chiamata diretta.

Chi è stato respinto potrà continuare a fare supplenza sperando un giorno di arrivare al ruolo magari prima della pensione, come è accaduto ad una docente palermitana che racconta la sua esperienza a La Stampa.

Finalmente arriva il ruolo

C'è chi il ruolo non lo ha mai visto in oltre 30 anni di supplenze e chi invece, alle soglie della pensione, si è come sentito nella casa del Grande Fratello: “nominato”. Anni di dolorosi tagli che hanno drasticamente ridotto il numero di cattedre per l'immissione in ruolo, fino alla 107 e alla chiamata diretta. E' il caso di Silvana Rosaria Di Palma che insegna educazione artistica a Palermo e provincia.

Dopo trent'anni la sessantaquattrenne docente siciliana finalmente dice addio al precariato, ma è un commiato intriso d'amarezza il suo.

Quell'odioso spettro della precarietà che non ti abbandona mai

Alla docente di educazione artistica palermitana lo scorso anno era stato assegnato un tutor per il periodo di prova. Persino la preside si era complimentata per il brillante superamento di questa fase di "rodaggio" ma tutto questo adesso è inutile. Fra tre giorni ci sarà il consiglio docenti ma non si sa ancora con chi verrà svolto: manca ancora l'ambito. Solo la prospettiva del contratto triennale prima di andare in pensione sorregge la docente che a malincuore cambierà città. Su tutto questo grava ancora l'incognita della location perché non si sa dove la manderanno ad insegnare e prendere casa in questa situazione non è affatto saggio. E' troppo presto per pagare il conto dell'albergo.