Cos’è la Fiera dell’Artigianato? Non è solo il risvolto natalizio di una Milano da bere, parafrasando uno slogan pubblicitario di molti di anni fa, può rappresentare invece la riscoperta di personaggi speciali e delle loro storie. Ciondolando tra gli stand come non notare le facce allegre di chi, oltre a proporre come si dice adesso ‘un articolo che va’ perpetra anche una buona strategia di marketing, attirando il potenziale cliente con poche parole ma ben assestate.
Non c’è dubbio, il food la fa da padrone. “Signora, mi scusi, si avvicini, non abbiamo mai mangiato nessuno, nemmeno con i carciofi!”, il commento del ragazzo sardo che con la sua immensa simpatia offriva l’ortaggio sia fresco che sott’olio.
E della signora stralunata che agli antipodi del padiglione chiedeva con stupore dove li si potessero procurare.
Spostiamoci in Ogliastra. La signora Rosanna con il marito, paladini dell’arte pasticcera locale, hanno saputo interpretare mirabilmente la tradizione, con uno spunto di genialità nel confezionare il prodotto a misura di trolley, notoriamente il mezzo di trasporto per eccellenza del turista fieristico. Qui si vede la grande intraprendenza e tenacia degli artigiani, mai paghi e sempre rivolti verso un pubblico attento ma anche collettori di idee ed osservazioni.
La collegialità prima di tutto. Non è affatto raro chiedere un buon vino a chi vende ottimi capi di lana. E’ vero, non c’entra nulla ma è quello che può capitare in uno stand portoghese, dove la cortesia del titolare si insinua tra le pieghe della curiosità e della necessità di chi da anni si serve da lui.
Con pochi passi vieni presentato ad un amico. Insieme si beve un bicchiere e alla fine un paio di bottiglie cascano inesorabilmente nel trolley. Il vino portoghese è ottimo, nulla da invidiare ad altri paesi produttori.
E rimanendo in tema, ma stavolta sul suolo natio, come non tralasciare un primitivo di Manduria vincitore di un ambitissimo premio in quel di Montecarlo.
Colti e mai banali, i signori dello stand propongono un vino di grande qualità, corposo e forte, come la gente che lo produce. Non per nulla le degustazioni si susseguono rapide e incalzanti. Forse non sembra, ma gli italiani alla fine un buon bicchiere se davvero lo è lo sanno apprezzare. E’ bello ritrovare e scoprire non solo dei semplici commercianti ma l’essere, la quintessenza di chi il mestiere lo conosce da tempo e ama coinvolgere l’astante con parole mirate, spesso contorniate da una mimica eccezionale.
Non ci si può salutare senza un arricchimento. La fantasia ritorna alla notte dei tempi, la capacità di estrapolare la novità utile dalla propria esperienza, dalla propria professionalità. Simpatia e originalità, come gli orologi in sughero il cui quadrante riporta ad ogni ora il numero 6 perché la scritta sopra ricorda che solo dopo quest’ora il consumo di vino è concesso. Dovrebbe esporlo l’anziano signore che ormai da anni presidia con carisma e docenza lo stand delle grappe del Trentino. Qui la degustazione assurge a un livello superiore. Non è solo buona intrinsecamente ma è come voler sottoporre ad uno stress test il nostro timido palato. Il liquido piace e l’incompetenza del bevitore fuoriesce allorché fatica a capire la differenza tra le varie grappe, giovani oppure invecchiate e soprattutto come e di quanto. Ebbene, in un itinerario ideale questo potrebbe essere l’ultimo step, di solito intorno all'orario di chiusura. Parafrasando Eugenio Montale….’ed è subito sera’.